Venerdì. Sulla stampa si ribadisce che i parametri indicano positività, mentre sotto sotto constato, almeno io, che l’incertezza regna sovrana, così pure l’ansia. Non ci sono peggioramenti, anzi piccoli miglioramenti, a parte il numero di morti. È opinione che tutto sia in miglioramento, ma io sento il freno tirato e mancano solo 10 giorni al “liberi tutti”.
Un liberi tutti che contrasta con quello che ci sentiamo dire: che gli italiani sono bravi, responsabili, seri, e che la stampa con i suoi editoriali corrobora. Fa bene a sollecitare buoni esempi, però non posso non raccontare una chiacchierata fatta con un tassista durante un tragitto in città tratto da uno scritto di qualche anno fa.
Italici vizi
Eravamo ingolfati nel traffico in zona ospedale e per evitare l’ingorgo di via Gattamelata attraversammo all’interno dell’ospedale per uscire in piazza Pontecorvo. Percorso poco corretto. Forse per giustificarsi in qualche modo mi raccontò che una volta era parcheggiato in piazza dei Signore e fu chiamato da una pizzeria da cui uscirono 8 uomini, a pochi metri c’era già un altro taxi, che chiesero di essere portati al Pronto Soccorso dell’ospedale. Intanto scherzavano e ridevano. Arrivati scesero e anziché entrare al Pronto Soccorso andarono verso il parcheggio disabili, salirono su due grosse auto e se ne andarono. Avevano il regolare permesso di parcheggio disabili!
Ecco questa è la fascia di italiani che mi preoccupa dopo il 4 maggio, giorno del “liberi tutti”. Questi sono quelli che possono far ripartire il virus. È ragionevole fidarsi di questi italiani? Il tassista dopo questo primo racconto me ne ha riportato un altro.
Era una sera buia, mi chiamano per un servizio all’uscita dell’ospedale di zona Pontecorvo. Arrivo e trovo ad aspettarmi un’autoambulanza targata Palermo dalla quale scende un uomo ammalato, piuttosto grave, accompagnato da due donne e un uomo, un paio di valigie e una borsa di documenti medici. Salgono sul taxi e chiedono di essere accompagnati al Pronto Soccorso, perplesso dico “Ma fate prima ad andare a piedi, saranno 50 m!”. A questo punto arriva la spiegazione: l’ammalato, molto grave, ha deciso di farsi curare a Padova anziché in Sicilia. Per cui ha noleggiato l’ambulanza per il tragitto Palermo-Padova ma qui giunto se si fosse presentato al pronto soccorso con l’ambulanza targata Palermo sarebbe stato rimandato al mittente, l’ospedale siculo, invece facendosi portare in taxi poteva dire di essere stato in visita da conoscenti e di aver avuto una ricaduta. Ingegnoso come espediente, che però mette in evidenza uno stato di fatto della sanità nazionale davvero inquietante per disparità di prestazioni mediche, sulla quale il governo centrale dovrebbe intervenire per costringere, anche coattivamente, le regioni negligenti, eufemismo, nel caso la Sicilia statuto speciale, ad adeguarsi agli standard e ai costi di Padova, meta di molti viaggi della speranza. Come? Anche militarizzato la sanità, uomini e cose, fino al ripristino della normalità?
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” libro secondo, nr. 110