È l’emblema della Serenissima. Venezia l’ha portato ovunque abbia posato piede. Nel suo entroterra, Lombardia, Veneto, Friuli, Venezia Giulia, e giù sulla costa est dell’Adriatico, sulle isole ioniche, Cipro e Rodi, tutti capisaldi per le rotte commerciali delle sue navi. Lo troviamo, il leone con il libro aperto tra le zampe o con la “moeca”, attenta sentinella della patria e dei territori di conquista dove si è radicato il dialetto veneziano.
A Padova lo troviamo incastonato nelle mura di cinta, costruite per volere di Venezia per difenderla. Alcune di queste statue sono erose dal tempo, tanto che noi le chiamiamo “gatte”, vedi quella di viale Codalunga e l’altra sopra la colonna della chiesa di Sant’Andrea. Faccio questa premessa per aver letto della provenienza della statua leonina posta in cima alla colonna che si trova dinanzi al Palazzo Ducale, a guardia della Laguna, proprio sulla riva. Ogni qualvolta l’ho guardata da lontano mi dava la sensazione di essere corrosa dal tempo e che l’aspetto leonino le fosse dato dalla sua storia. Solo oggi ho avuto modo di guardarla da vicino ed è tutt’altro che erosa, bensì è una scultura bronzea ben viva.
Non è un leone, bensì un feroce custode che difendeva l’entrata dell’ultima dimora dell’imperatore e dei templi cinesi. Nel museo di Shanghai ci sono esemplari simili. Frequentemente si incontrano sparsi nella Grande Cina viali d’entrata di mausolei guardati da decine di coppie leonine con fisionomie di mostri proprio come il leone veneziano. Uno studio recente dell’Università di Padova data la fusione della statua bronzea tra il 600 e il 900 dopo Cristo, sotto la dinastia Tang. È arrivata in Venezia al tempo della famiglia dei Polo, commercianti con l’estremo Oriente. Nel 1295, quando Marco Polo tornò dal suo lungo viaggio nel Celeste Impero, era già posizionata sopra l’attuale colonna. Per farne emblema è stata ritoccata, non tanto però da toglierle le fattezze originali. Si suppone che sia stata smontata e portata in Venezia dal padre e dallo zio di Marco Polo.