Immagino che quando era piccola sia stata anche felice, come nella foto con le trecce e il cagnolone. Forse più avanti ha cominciato ad arrabbiarsi per qualche ragione, e dopo non si è più ricordata perché lo fosse. Lo era e basta. Così le cose della vita sono diventate sempre più difficili, la speranza piano piano è diventata diffidenza e cinismo e gli altri dei nemici da cui difendersi.
Ma quella bambina con una vita davanti ogni tanto tornava fuori, e credo sia quello che hanno avuto la fortuna di vedere persone che non fossero suoi parenti, che facevano parte di quella vita insopportabile, ma altri che l’hanno conosciuta ironica e generosa (in fondo faceva l’infermiera, non poteva non essere sensibile alle disgrazie altrui).
Condivido due ricordi, che la raccontano come solo le storie sanno fare, senza interpretazioni. Quando sono partita per l’America mi ha telefonato, chiedendomi se ero diventata matta. Cosa andavo a fare in un posto del genere, che tutti sanno essere inospitale e pericoloso e come potevo stare tranquilla al pensiero di fare un volo così lungo, e di stare tanto lontano per tanto tempo. E mi ha regalato un rubrica del telefono, per segnarmi i numeri da chiamare in caso di bisogno, mi ha detto.
Magari ha ragione lei, ho pensato.
E così ho fatto in verità, quando ancora non c’era il cellulare era l’unico modo, pensando non si sa mai. Ma soprattutto per la nostaglia, sapevo che per me sarebbe stata dura andare in un posto lontano e sconosciuto, di cui non avrei capito la lingua, senza famiglia né amici.
Quando sono tornata, mentre aspettavo la nascita di Carlo, ho conosciuto in ospedale una ragazza come me, che però aspettava una bimba che non avrebbe dovuto nascere. Aveva un difetto molto raro e, a quei tempi, difficile da trattare, tanto che alla mamma era stato addirittura suggerito di interrompere la gravidanza. La mamma, una ragazza eccezionale al cui esempio devo moltissimo, fu così determinata e coraggiosa da non mollare.
Ma la zia cosa c’entra? Beh, allora lavorava in pediatria e io ho pensato, credendo fosse caposala mentre invece era una semplice infermiera (ovviamente per i ragazzi gli adulti sono sempre superman e possono risolvere tutti i problemi), di chiederle di intervenire per fare qualcosa. Non so se l’abbia fatto, non ho mai potuto verficarlo, ma la sua risposta è stata forse una delle prime tra le frasi che mi hanno fatto prendere coscienza che siamo tutti nulla…
Quella volta mi rispose che non capiva perché si fossero ostinati a tenerla in vita, quella bimba, e che era troppo grave e che poi anche se si riesce a farli sopravvivere questi bimbi salvati per un pelo soffrono comunque di mille altre conseguenze che non sono da augurare a nessuno.
La storia di questa bimba, dopo un numero enorme di interventi e di controlli, è andata a finire benissimo, è una bella ragazza che ha la stessa età di Carlo ed è una supersportiva.
http://www.erniadiaframmatica.it/La%20storia%20di%20Giulia%20la%20tennista.htm
Di certo non aveva ragione lei…