La sorpresa odierna è la neve che scende copiosa a larghe falde, forse non attecchirà. Distoglie l’attenzione dal cruccio che ci segue ormai da 300 giorni. Il Covid conferma il suo andamento discendente, ora è da capire se se riusciremo a mantenere le precauzioni in atto. I segnali di questi giorni non sono rassicuranti.
Oggi ho ricevuto notizie da un paesino etiope, Lalibela, di cui ho già detto il 9 settembre su questo diario. Ho incontrato Abi, un ragazzo del luogo, mentre guardavo il cielo al buio pesto di una notte senza luna, dove miliardi di stelle si sovrapponevano come fossero su di un plastico tridimensionale. Sui nostri cieli il firmamento punteggia la volta celeste come è il soffitto a volta della Cappella degli Scrovegni. Lassù tra le ambe, le piatte cime dell’altopiano etiopico, la situazione pandemica è tutt’altro che facile. Inoltre, la stampa di questi giorni riporta notizie di guerra tra le forze armate e i ribelli del Tigrai che provoca la fuga di profughi di questa regione verso il Sudan. È lo schema che si ripete da sempre tra i popoli più poveri del pianeta. La miseria e l’arretratezza di quelle contrade, da me viste, di tutto hanno bisogno fuorché di guerreggiare. 9 settembre 2020
Nota: Proprio in questo momento mi sono ricordato che quella sera che ho incontrato quei ragazzi ci siamo seduti sopra un masso di cemento a cubo piantato nella roccia sulla cui faccia superiore era annegata una piastra di bronzo che segnava un punto di riferimento geografico.