Oggi faccio una pausa sul Covid. Sarebbe un ripetersi di contraddizioni.
Ancora qualche nota sul mio papà. Dal libro “Nonno, parlami di te” a pagina 26 la domanda: “Cose fatte insieme”.
Orto: un bel giorno papà mi assegnò un pezzetto di orto da utilizzare a mio piacimento, con una verdura di mia scelta. Decisi di piantare dello scalogno, è questa una cipolla di piccole dimensioni a spicchi come l’aglio, molto saporita. Vangai con cura il terreno, lo rastrellai sbriciolando bene la terra, feci delle buchette a distanze omogenee nelle quali infilai gli spicchi di scalogno alla giusta profondità, tutte notizie apprese da nonno Gino. Ogni giorno innaffiavo, toglievo le erbacce, rincalzavo la piantina man mano che cresceva. Il giorno della raccolta ero felice. Ogni spicchio piantato aveva dato una testa composta da almeno 5 o 10 spicchi.
1937: abitavamo in via Giambellino nella nuova casa appena costruita con i soldi che nonno Gino, mio padre, aveva avuto dall’assicurazione sul lavoro a seguito di un incidente nel quale aveva perso la vista di un occhio. Alla sera quando tornava dal lavoro faceva un sacco di cose in casa e voleva che lo aiutassi, avevo dai 7 ai 10 anni. Dirò di alcuni.
L’allevamento dei conigli. L’ho aiutato a costruire due gabbie, ognuna aveva due scomparti. Il telaio era di legno, chiuso da una rete metallica. La portina era sul tetto della gabbia. Negli scomparti c’erano tre coniglie e in uno un maschio. Sul fondo c’era la paglia, un angolo venne isolato perché la mamma coniglia facesse un nido per la nascita dei figli. Il mio compito era di tenere pulite le gabbie. Papà mi spiegò che per far nascere i coniglietti bisognava mettere un maschio insieme alla coniglia, così come mamma e papà stanno insieme per avere noi figli. È stata la prima informazione sulla nascita dei bambini. A un certo punto mamma coniglia cominciò a togliersi del pelo di dosso e lo metteva nell’angolo protetto della gabbia. Lo dissi a papà: vedrai, mi disse, fra un po’ nasceranno i coniglietti. Infatti il giorno dopo vidi la coniglia riportare un coniglietto grande poco più di una cavalletta, nudo e cieco, nella cuccia da dove era uscito. In poco tempo sono cresciuti prima succhiando il latte della madre e poi mangiando tenera erbetta e rosicchiando le carote.
Papà mi insegnò a raccogliere e a fare il fieno anche per l’inverno. Mi insegnò a conoscere l’erba buona da quella che oltre a non essere idonea era anche velenosa. Mi diceva di non raccogliere l’erba bagnata e se lo era prima di darla agli animali bisognava farla asciugare tenendola al sole. Un aneddoto: facevo la seconda elementare con la maestra Petci, papà mi ha messo un coniglietto bianco ormai svezzato nel cestino di paglia che adoperavo all’asilo dicendomi di portarlo in regalo alla maestra. Quel giorno in classe fu una festa.