Covid. Facciamo pausa in attesa di sviluppi. Purtroppo l’unica cosa certa è la curva contagi che sale!
Dal libro “Nonno, parlami di te”, alle pagine 28-29 rispondo alle domande: “Come giocavi con tuo papà? Cosa ti ha insegnato? Dove lavorava, cosa ti raccontava del suo lavoro?”.
Certamente non abbiamo giocato con le biglie, questo gioco va fatto tra bambini. Per noi due l’orto, i colombi e i conigli, il frutteto: le prugne Santa Rosa, le pere ruggini, i fichi neri, il prezzemolo erano il nostro grande gioco. Aneddoto: si è rotta la serratura del portoncino d’entrata di casa. L’ha smontata e si è aperta una discussione sul come ripararla. Forse stava giocando al gioco di preparazione alla vita.
Papà mi ha insegnato pochissimo, quasi niente, solo esempio, ha sempre cercato di farmi fare cose insieme. Mi ha però fatto vivere una parola: onestà. Con gli anni ho scoperto che quella parola conteneva anche un altro concetto: lascia il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato. E poi ancora mille altri concetti erano contenuti in quella parola. Forse papà non li conosceva tutti ma li ha vissuti. Per me non è stato facile percorrere quel viottolo tortuoso.
Nonno Gino era fabbro: forgiava il ferro incandescente sull’incudine a suon di martellate. Fabbricava catenacci, cerniere per le porte, balconi, finestre di ogni tipo. Successivamente costruiva ringhiere di recinzione, cancelli fino a che è subentrato mio fratello Vittorio che ha evoluto il lavoro verso prodotti più remunerativi. Era un lavoro faticoso e sporco, che non consentiva buoni guadagni. La concorrenza meglio attrezzata grazie a forti investimenti bruciava il mercato.
Prima della guerra lavorava in una fabbrica che fu distrutta dai bombardamenti aerei del 1943. Mi portò a visitarla più volte. A me sembrava un posto incredibile con tutti quei macchinari con lunghe cinghie di trasmissione, i rumori. Già da allora sentivo che avrei lavorato nel mondo della meccanica. Curiosità: ricordo i nomi dei due soci proprietari, Zago e Schiavon. Non era nostro parente.