È il 6 novembre, venerdì. Covid, siamo tornati a leggere numeri che mettono paura: 445 morti! Ci riportano ad aprile. Gli altri numeri, i contagiati, i tamponi, non sono comparabili perché sono cambiate le modalità di raccolta. Quel che rimane è la tendenza della curva epidemiologica in crescita nonché gli ingorghi nei pronto soccorso, le code delle ambulanze in attesa di consegnare i pazienti, il fiorire dei focolai. Inoltre vedo una diversa consapevolezza del “popolo” di marzo di fronte alla “cosa” sconosciuta che ora invece crede di conoscere, Infatti i giovani sanno di essere meno vulnerabili perciò pensano di gestirla. Ignoranza colpevole! Diventano “untori” facilitandone la diffusione come asintomatici. Sarebbe ben triste fra non molto dire mea culpa. Le uova rotte non si possono ricomporre.
Sempre tratto dal libro “Nonno, parlami di te” propongo il raccontino “Quando è nato e come si chiamava il tuo papà. Di dove era originario?”.
Prova a descriverlo. Si chiamava Schiavon Gino è nato a Padova il 18 luglio del 1902 e morto il 24 ottobre 1974. La famiglia Schiavon, a memoria d’uomo, è vissuta nelle vicinanze della stazione ferroviaria e della Fiera campionaria di Padova. Anche le zie acquisite erano quasi tutte della zona circostante. L’osteria “La rampa”, casa madre, confinava con il muro di cinta della fiera a nord-est e con la staccionata in cemento che la dividevano dai binari del treno vicino alla stazione. L’osteria è stata distrutta con il primo bombardamento di Padova il 16 dicembre 1943.
Nonno Gino, mio papà, era alto circa un metro e settantacinque, stempiato, aspetto bonario, conciliante. Era benvoluto da tutti. Fatti di guerra che riguardano nonno Gino sono molti, dirò di alcuni: una sera tornò a casa con due militari in divisa, era il settembre 1943, giorni tristi per l’Italia. Noi bambini ci mandò a letto. Aveva trovato due soldati in fuga da un carro ferroviario che li stava portando in Germania prigionieri dei tedeschi. Li ha nascosti e aiutati con vestiti borghesi a rischio della propria vita. Altro episodio: era in bicicletta lungo la strada Battaglia, un caccia americano mitragliò una lunga fila di persone e di biciclette. Si salvò dietro un grosso platano. Qualche anno dopo la fine della guerra mi portò a vedere i fori dei proiettili sull’albero. Ancora un fatto: durante un bombardamento notturno uno spezzone incendiario cadde sul tetto della casa senza esplodere, avevamo sentito il botto. Il mattino con una lunga scala mio papà salì per recuperarlo e rimettere in ordine le tegole. Lo porto giù e lo ha sepolto ben profondo nell’orto. Non ricordo quando poi sia stato eliminato e in che modo.