diario dalla finestra di casa Nonno, parlami di te

4 novembre 2020

4 Novembre 2020

Per molti anni fu il giorno della memoria per i milioni di morti della Prima Guerra Mondiale. Una triste canzone degli Alpini li definiva: “la mejo zoventù che va soto tera”. Sono ricordi che non devono svanire. 

Le elezioni negli Usa. Una considerazione: incredibile insensatezza del popolo, solo il fatto che risultato sia incerto mostra che Trump ha un forte seguito nel popolo. Davvero incomprensibile specialmente per la fallimentare lotta al Covid, ricordiamoci la cura a base di amuchina per endovena! Torniamo al coronavirus. Non siamo ancora ai convogli funebri militari di triste memoria, ma ai prodromi.  Le lunghe colonne di ambulanze che stazionano nei pronto soccorso per ore, anche per giorni. E ancora una notizia nascosta tra le righe del giornale: a Milano il forno crematorio è usato solo per i defunti residenti, per gli altri inumazione oppure trasferimento. Nemmeno su questo ci siamo adeguati rispetto ad aprile!- Finalmente siamo, quasi, l’incertezza è d’obbligo, quasi al decreto con le nuove restrizioni. Nonostante gli incontri preparatori e chiarificatori con le regioni che ne hanno ritardato l’emissione, ci sono già feroci distinguo tra le parti. Mi sembra che i criteri scelti per definire le diverse aree di contagio siano sufficientemente obiettivi perciò è tempo di rompere gli indugi. Certo che dal mio punto di vista di persona fragile, anziano, sono interessato al massimo rigore. Ritengo di dovermi accontentare purché siano applicate con rigore.

Nota: con riferimento al 4 novembre, giorno della memoria, riporto un ricordo da me scritto nel libro “Nonno, parlami di te” alle pagine 28 e 40 rispondendo alla domanda: “Un ricordo di mio papà”. Me lo ha raccontato che ero adulto.

Alla fine della prima guerra mondiale, 1918, nonno Gino aveva 16 anni. Troppo giovane per poter combattere al fronte, fu però arruolato nel servizio sanitario militare. Padova era la città più vicina al fronte di guerra e importante per gli ospedali; arrivavano molti feriti dalle vicine zone di guerra. Era adibito al trasporto dei feriti dalla stazione ferroviaria ai vari ospedali. Di quel periodo ha parlato poco, mi ha solo detto di aver visto cose tremende. Finita la guerra si aprirono una moltitudine di problemi che non descrivo. Ne cito uno solo di infinita tristezza, il problema che dopo 100 anni non è ancora completamente risolto: il recupero dei morti spersi tra le impervie Dolomiti, l’altopiano di Asiago, il Carso. Fu proprio sul Carso che nonno Gino fu inviato, al recupero delle salme fra le pietraie per portarle al costruendo ossario di Redipuglia. Questa notizia non l’ho avuta da lui ma da un mio cugino molto più vecchio di me.

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