diario dalla finestra di casa Nonno, parlami di te

2 settembre 2020

2 Settembre 2020

“Nonno, parlami di te”, pagina 79.

Il mio bisnipotino Alessandro di 6 anni mi ha regalato un libro intitolato: “Nonno, parlami di te”. Sono 130 pagine bianche con distribuite 95 domande. Riguardano la mia vita. A prima vista sembravano quesiti facili e scontati ma vi assicuro che è una grossa impresa rispondere! Metterò alcune di queste domande/risposte nel diario per capire se destano interesse anche negli altri nipoti e in chi vorrà leggerli. Sono ricordi sparsi dei figli piccoli! 

Attendo commenti…

Domanda a pagina 79: “Cos’era complicato nel periodo con i figli piccoli?”.

Giorni fa la Betti si è portata a casa due poltrone ormai consunte tanto sono state usate. Hanno risvegliato ricordi collettivi e relativi ad ognuno dei figli. Queste due poltrone sono servite a mamma Franca per allattare Paola e Rita. Erano usate per culla di transito, per farsi coccolare, per fare salto biralto! Sono stato davvero contento che non siano state rottamate ma abbiano a servire quale memoria familiare. 

Paola: abitavamo alla Guizza in una grande casa a due piani e cantina. Stanze ariose e alte, le camere erano al secondo piano. Sulle scale avevo costruito due cancelletti di legno per evitare che i bimbi scendessero capitombolandosi, o salissero. In poco tempo però impararono a scendere a pancia in giù, era uno spasso vederli. Una sera torno dal lavoro e non vedo la Paola, dov’è? chiedo. Sta dormendo. I cancelletti erano chiusi, salgo ma nel suo lettino non c’è. Guardo in giro, sotto ai letti, nella mia stanza il letto era sfatto, nella stanza dei nonni Faggion non c’era traccia. Mi allerto. Chiamo mamma Franca, corre su. Paola non c’è. Non ricordo quanto è durata questa ricerca inutile. Forse preso dal panico sposto il letto matrimoniale. Sentiamo un tonfo e l’urlo della Paola che cade svegliandosi di colpo. Cos’era successo: era stata messa a dormire sul lettone, nel sonno si era rotolata nel lenzuolo e così conciata, sempre dormendo, è caduta sotto la testiera del letto rimanendo nel lenzuolo trasformatosi in un sacco a penzoloni, continuando a dormire. Noi sull’orlo della disperazione siamo scoppiati a ridere e lei pure!

Siamo in ferie ad Auronzo, forse 1969. Avevo trovato in un boschetto fuori mano un prato invaso da funghi trombetta di morto molto prelibati. Mi sembrava una buona occasione per introdurre ragazzi all’arte dei fungaroli. Invitiamo anche i Franzoso. All’arrivo sul posto fu una sorpresa per tutti vederne così tanti. Insegnai come raccoglierli per lasciare le radici sul posto per la riproduzione. Ad un certo punto un urlo della Paola: era stata punta da un’ape a un orecchio. In pochi minuti cominciò a gonfiarsi il viso e gli occhi in particolare. Preoccupati di corsa siamo tornati all’auto parcheggiata sulla strada del Passo Sant’Antonio e po giù rapidi per quanto possibile su quella strada bianca sconnessa verso l’ospedale di Auronzo. È stata fondamentale la rapidità del ricovero, quando siamo arrivati all’ospedale aveva il viso mostruosamente gonfio. È rimasta ricoverata un giorno e tutto si è risolto. Non li ho più portati a funghi. Io invece sì!

Marco: eravamo in ferie a Lamon, un paesetto sul lato destro del Cordevole nella valle omonima. Aveva 8 mesi, ricordo la montagna di vasetti di omogeneizzati. D’improvviso è colpito da diarrea e febbre altissima, ci spaventiamo. In paese non c’è un medico. Telefoniamo, è sera tarda, al pediatra di Padova che, sentiti i sintomi, ci dice di portarlo subito all’ospedale perché teme una meningite. Il pediatra di turno in ospedale ci dice di andare direttamente da lui. Del viaggio ricordo il buio pesto, senza luna, la strada deserta, Franca che miagolava dondolando Marco e lui che ansimava. Io ero tutto teso alla guida con l’ansia che qualche contrattempo mi potesse rallentare. In pediatria hanno subito fatto il prelievo spinale. L’esito fu benigno. Si trattava di una forte gastroenterite. 

Betti torna da scuola e dice di avere mal di gola, osservandola era anche gonfia. Franca chiama il pediatra, De Pascale, primario di pediatria a Camposampiero, in quel momento in servizio e disponibile a riceverci. Franca mi chiama in fabbrica e la portiamo in ospedale. Diagnosi: mononucleosi, malattia a noi sconosciuta. Il medico propone il ricovero anche perché contagiosa. Noi ci siamo spaventati per una cosa sconosciuta che a detta dei medici se non ben curata è pericolosa. Il ricovero è durato tre settimane. Un pellegrinaggio continuo Padova-Camposampiero, il problema degli altri tre a casa, è stata dura. Una sera stavamo andando all’ospedale, subito dopo Pontevigodarzere è scesa una nebbia incredibile, si viaggiava a 10-15 Km/ora. Da un lato il fossato, dall’altro l’argine del Muson, il fiume. A un tratto mi sono trovato davanti al cancello di una villa, avevo infilato un ponticello che scavalcava il fossato. La malattia si è risolta bene.

Rita sta giocando in cortile con la biciclettina, cade, urla e sangue ovunque, casualmente ero presente. Riesco a individuare la ferita, si era sezionata il lobo di un orecchio. Le ho messo in mano un fazzoletto con il quale si teneva stretto l’orecchio, è salita in auto e via al pronto soccorso. Fortuna ha voluto che fosse di turno il dottor D’Amico, chirurgo molto noto che ha fatto una buona cucitura. Certo piangeva, ma lui faceva con cura quello che doveva senza entrare nel panico. Danno collaterale: io e Franca l’indomani dovevamo andare a fare un giro ad Assisi, da molto tempo non ci prendevamo una pausa. Ci è andata buca! Sempre la Rita fu memorabile per le abrasioni da pattinaggio sull’asfalto. Mi spiego: cadendo mentre si pattina a tutta velocità sull’asfalto granuloso e hai i pantaloncini corti corti, la parte esterna della coscia diventa una superficie sbrindellata, sembra una grossa “fiorentina” sanguinolenta. La procedura per curare questa ferita è un tantino complicata, specialmente se ci ricadi sopra ancora. È tutto un susseguirsi di lavaggi, pomate antibiotiche e/o ricostituenti, cerotti grandi come fazzoletti nonché litigate perché durante le medicazioni le faccio male. È comunque diventata grande e si è mantenuta vivace.

Rielencando questi fatti con gli occhi odierni, non so se avrei la forza di avere figli.

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