Il diario, oggi, fa una divagazione. Quasi. Leggevo che l’Impero Romano al culmine della sua potenza governasse sui due terzi dell’umanità. Non entro nel tecnicismo che ha portato a formulare questa stima. È affascinante. Questo per dire che l’apparato statale doveva essere davvero efficiente non solo dal punto di vista militare ma ben di più da quello politico e burocratico. Per realizzare questo la classe dirigente doveva essere capace, competente: i migliori. Il loro capo, l’imperatore, in primis.
E qui leggo quanto dice Andrea Corandini, archeologo, del periodo apicale dell’impero che va dal 96 al 184 d.C., dei suoi cinque “ottimi e buoni” imperatori: Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio. Di questi racconta di Antonino Pio, eccellente conduttore dell’impero ma anche delle sue consistenti ricchezze. La sua vita era improntata alla sobrietà, trovava tempo per vendemmiare, andare a pesca e cacciare. Marco Aurelio suo successore nei suoi “pensieri” sottolinea per sé i dettami ereditati da Antonino Pio: “Bada di non cesarizzarti, rimani semplice, buono, integro ma non ricercato, amico della giustizia, pio, benevolo, affettuoso ma energico per i compiti che ti spettano come capo”.
E a questo punto viene immediata la domanda: quanti sono i politici che non si sono “cesarizzati” oggi? Il Corandini cala con durezza il suo giudizio: “Inesperienza, immediatezza, gorgoglii di un interiore in subbuglio che non sa pensare. Hanno spodestato competenze e responsabilità alle quali dovrebbe rispondere la classe politica, che a tutto mira fuorché al bene e al futuro del popolo”.
C’è bisogno di civiltà! Per uscire da questo presente ingiusto, infelice, superficiale, volgare. Per uscire da questo stato di nuova barbarie!