Lavoravo da pochi mesi alla Zedapa, non facevo ancora i turni di lavoro alternati pertanto a mezzogiorno tornavo a casa in bicicletta a mangiare. La Zedapa era in zona stazione ferroviaria e casa mia era alla Stanga, perciò percorrevo via Venezia. Un lato di questa strada era la sede delle rotaie del tram che portava a Fusina e poi col vaporetto a Venezia.
Stavo tornando a casa e davanti alla Viscosa c’era un gruppo di persone che ostruivano la strada a guardare il tram fermo. Mi dissero che c’era stato un incidente. Non si vedeva nulla tanta era la gente.
Tornato a casa, non c’era mio fratello Vittorio di 13 anni, dissi dell’incidente, tornai subito sul posto, mi feci largo tra la folla finché non arrivai in prima fila. Tra due carrozze, sotto i respingenti e appoggiato ai tubi pendenti di collegamento dei comandi freni del treno, era appoggiato un ragazzo della mia età, morto era evidente, con gli occhi chiusi, qualcuno aveva avuto un gesto di pietà. Quello che mi colpì fu un foro al centro della fronte di una ventina di millimetri con il bordo arrotondato, sembrava fatta da un punzone ad imbuto. Non c’era molto sangue in giro. Forse l’incidente era di qualche ora prima e l’avevano ripulito. Scappai letteralmente a casa per rassicurare mia madre. Non era Vittorio.
Qualche anno dopo mi trovavo all’entrata principale dell’ospedale giustinianeo dove subito dopo sulla sinistra c’era il pronto soccorso dal quale stavo uscendo, avevo accompagnato un compagno di lavoro per un piccolo incidente ad una mano. Proprio in quel momento arrivò la Croce Verde a sirene spiegate. Gli infermieri del Pronto Soccorso erano già pronti, forse l’autista dell’ambulanza dava un segnale sonoro con la sirena quando si trattava di un’emergenza. Io mi trovavo in una posizione obbligata da non potermi muovere per non intralciare gli infermieri, così ho potuto vedere l’infortunato, era un ragazzino, aveva metà faccia, in senso
verticale, normale, l’altra metà deformata. Il pneumatico di un’auto gli era passata sopra. In un attimo sparì dalla mia vista. A me pareva morto. Guardava il mondo con l’occhio sano con una conturbante fissità…
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, nr. 155