Dal fondo del solito cassetto delle cose dimenticate è emerso un rettangolo di pelle di capra di cm 13 per 16 sul quale è dipinto San Giorgio che uccide il drago. Trattasi di un cimelio raccolto in una qualche bancarella durante uno dei miei viaggi. I tre attori dipinti hanno uno sguardo di fanciullesca ingenuità. Il Santo opera contro il male, quasi chiede scusa al Drago di dover infilzarlo con la lunga lancia. Il Cavallo trottante sembra dire “la volete smettere?”. Sono le scene che troviamo all’interno delle chiese medievali e agli albori del Cristianesimo, che servivano per portare la buona novella al popolo analfabeta.
Questo quadretto dai colori improbabili viene dall’Armenia, dove per primo il Verbo venne riconosciuto quale modello di vita. L’Armenia si trova sull’altipiano caucasico, sulla via che collega l’occidente cristiano e il lontano Oriente. Le sue chiese antiche, i monasteri, esprimono una spiritualità radicata e consolidata dalle tragedie e dall’olocausto vissuti da quel popolo.
Toni Schiavon, “San Giorgio e il Drago”, “Minuterie Letterarie”, pagina 80