Non perdere le buone e sane abitudini (Merkel).
Da metà marzo non sono più tenuto a mantenere l’impegno giornaliero del diario che mi ha tenuto sul filo per 1.100 giorni e che ho sospeso col venir meno del Covid. Sull’onda della consuetudine per qualche tempo ho continuato, poi ha vinto la pigrizia. Ora provo a ripartire.
Mi sono chiesto come sia possibile che noi umani nonostante esperienze millenarie ricadiamo negli stessi errori. La causa, le cause, sono la corta memoria? Interessi contingenti? Le ideologie? Una possibile risposta l’ho trovata dalla scomparsa dallo scenario politico mondiale della cancelliera Merkel, figura carismatica tedesca che per lunghi anni ha guidato la comunità europea forte dei risultati ottenuti in patria spingendo l’economia a creare un benessere mai raggiunto. Improvvisamente un fatto, o meglio due eventi, il Covid prima e in rapida sequenza la guerra in Ucraina, hanno scoperchiato errori di valutazione madornali.
La Merkel, cresciuta all’ombra dell’assoltismo comunista, si è riciclata alla democrazia occidentale diventandone paladina. In tale veste ha operato per il benessere del suo paese e dell’Europa per trascinamento. Incredibilmente commise l’errore degli errori che già il suo predecessore Schröder aveva perseguito, quello di mettersi nelle mani di Putin sul piano energetico, il gas. L’ha fatto per incapacità politica, mancata preveggenza? Oppure per simpatia del suo status formativo giovanile, il comunismo di cui la Russia era madre e Putin epigono? Forse inconsciamente?! Questo pensiero mette una nube scura sulla Merkel della quale non si parla più.
La vicenda potrebbe insegnare ai politici nostrani, che vivono giorno per giorno allungando al massimo lo sguardo alla prossima tornata elettorale, a valutare attentamente anche se si trattasse della scelta di chi guiderà la bocciofila dei ferrovieri, nella speranza di consolidare la poltrona di potere sulla quale sta comodamente seduto. Altro settore strategico di cui l’occidente ha perso il controllo è quello dei semi conduttori, elementi che entrano in ogni comparto di sviluppo economico. In passato l’Occidente ha creato in Taiwan il centro mondiale per tale prodotto spinto dal basso costo della manodopera sottovalutando che l’isola è minata dalla presenza cinese che ne rivendica la sovranità. Come finirà? Certo che l’Occidente non può sottostare a tante incertezze! È mai possibile che nessun economista abbia intravisto questo pericolo?
Un ricordo personale, nel 1974, tempo quanto mai remoto, visitando un’azienda statunitense che produceva connessione elettroniche, faceva produrre semilavorati in Taiwan con proprio attrezzature, gli stampi erano sigillati e la manutenzione veniva fatta negli USA onde evitare che le conoscenze venissero qui recepite, rubate. Non credo che le barriere alla divulgazione del sapere siano la giusta politica, certo è che non si può guarnire il proprio paese degli strumenti del progresso solo per realizzare un guadagno momentaneo. La crisi energetica ne è stata la dimostrazione plateale. Oggi siamo vivendo un momento critico relativo al cambiamento climatico che vuole l’abbandono del fossile, carbone e petrolio, che vanno sostituiti con l’elettrico che però dipende, per il suo sviluppo, dall’avere le “terre rare”, minerali indispensabili per l’accumulo elettrico. Tale minerali sono monopolio cinese! Qualora materie prime strategiche diventassero esclusiva in mano a Nazioni la cui democrazia è manipolata, il mondo tutto ne soffrirebbe. L’atomica in mano alla dittatura della Corea del Nord ne è il prototipo!
Sto leggendo “l’età della resilienza” di Jeremy Rifkin, dove si dimostra che quasi mai quello che è efficiente è il meglio se non è sorretto da una rete di sicurezza che rende resiliente l’efficienza. Un esempio: in California si produce l’80% delle mandorle per le ottimali condizioni di quel luogo. Nell’inverno del 2018-19 morirono un terzo delle api impollinatrici. Il sistema di mandorle entrò in crisi!