Girovagando per le vie della città, anche quelle più nascoste, ci si imbatte in cose che la polvere del tempo rende invisibili senza nasconderle, siamo noi che non le vediamo.
Una piccola targa in via Speroni, sotto un portico, dice “qui nacque Sperone Speroni”. In via Roma nella parte alta del sottoportico, per chi cerca, “Paolo Sarto qui transitò”. In Prato della Valle, sul muro di un’abitazione, una poesia che declama il cinguettio degli uccelli tra gli alberi e le statue dell’Isola Memmia. “Una poetessa armena qui abitò”. Ho citato alcune fra le più recondite. Inutile dire di quelle reboanti di Re, Garibaldi, Ezzelino da Romano, Napoleone e via recitando che pochi degnano di uno sguardo.
Ce ne sono alcune il cui messaggio ha il diritto di essere letto, sono le pietre di inciampo, molti le vedono ma guardano e passano e non lasciano segno. Sono quelle mattonelle d’ottone incastonate tra le sorelle in porfido che coprono le strade del centro. Sono monito di chi morì per mano carnefice della politica fratricida del tempo infausto del regime fascista che portò l’Italia alla guerra, la Seconda Guerra Mondiale. La prima non ci bastò!
A questi “inciampi” vanno aggiunte alcune stele murarie in memoria di eccidi. Ora un ricordo personale a memoria di alcuni rigurgiti di tempi andati, quale la frase di un ministro del governo sul timore della “sostituzione etnica”. Ero in quarta o quinta elementare quando il maestro Marigo, forse parlando della caduta dell’Impero romano a causa delle invasioni barbariche, leggi gli odierni migranti, paventava allora il pericolo giallo dall’Asia, ora pericolo nero dall’Africa, a sporcare il sacro sangue ariano. Rinfresco la memoria degli italiani con la presenza dei biondi vichinghi nel sud d’Italia, i teutonici nel nord-est, i Greci in Calabria, i cartaginesi in Sardegna, i Longobardi, gli Unni, gli Slavi. Noi italiani siamo un tourbillion di oriundi e forse, anzi per questo, siamo portatori di un quid che poche altre “razze” posseggono. Al di là della impossibilità di fermare le emigrazioni e immigrazioni, come insegna la fisica con i vasi comunicanti, con muri e filo spinato, mi preoccuperei dagli scranni del governo di fermare la fuga dei cervelli dei migliori dei nostri figli.
Già tre dei miei otto nipoti sono all’estero a mettere a frutto il loro fecondo sapere maturato in Patria. Hanno trovato lidi più ospitali e non respingenti!