È stato un viaggio incantato. Era il 1987, la meta principale era il Grand Canyon, culla del fiume Colorado sull’ovest degli Stati Uniti. Era il mio primo gran viaggio turistico, mancavo di esperienza, ogni cosa che vedevo era una scoperta inaspettata. La lunga trasvolata Roma-Los Angeles, le procedure d’imbarco, i pasti in cabina, seguire il paesaggio dai piccoli oblò, l’immenso oceano, qualche scia sull’acqua di rade navi, quindi gli spazi aperti del territorio statunitense e ancora i deserti verso la costa ovest. Finalmente Los Angeles, una distesa di palazzi, strade, case con al centro accostati tra loro i grattacieli.
Mi accompagnavo con Teresa ed Ennio in un gruppo della Cassa di Risparmio. Il primo giorno parzialmente disponibile ci siamo portati a Santa Monica sull’oceano, sul molo della quale si gustavano magnifici scampi, come da noi i folpi alla fiera di Noventa. Un fatterello mi è rimasto impresso. Lungo la passeggiata al mare sopra un muretto c’era un ragazzo, un nano, le cui mani spuntavano direttamente dalle spalle. Mancavano le braccia. Era una malformazione causata da un contraccettivo sperimentale di quegli anni, l’ho ritrovato su una rivista.
Il giorno dopo la visita a Walt Disney e un giro di presa visione della città e il museo del folklore. Una puntata a Hollywood a vedere le impronte degli artisti sul marciapiede. Si parte per San Francisco via terra lungo la costa del Pacifico. A Santa Barbara visitiamo la “Missione”, una delle più belle della California, luogo di sosta per le carovane e i corriere postali a cavallo. Più avanti a Monterey, splendida località marina. La strada, Ocean view, incorpora la 17 mile drive, una strada panoramica bellissima. Un particolare mi è rimasto, un pinastro su di un masso sporgente paragonabile al pino di Posillipo sul Golfo di Napoli. In un punto una sosta per vedere su un isolotto roccioso letteralmente coperto di leoni marini al sole.
Abbandoniamo la costiera per infilarci all’interno tra ripide colline dove pascolano libere mandrie di bovini. La, la Silicon Valley e si entra in San Francisco. L’indomani incrociamo una lunga parata in costume, le bande musicali, i giocolieri. È di rito visitare il Golden Gate, monumentale lo spezzone di sezione del cavo che sorregge il ponte. Quindi il vecchio forte a difesa della baia, due passi a Chinatown e al mercato sul Fisherman’s Warf, l’alto grattacielo a piramide allungata che svetta sulla città. Ancora un giorno per Sausalito, paesino di pescatori trasformato in località alla moda.
Quindi a Muir Woods, il Parco Nazionale delle sequoie, veri patriarchi della natura per età, altezza e diametro del tronco, secoli, 76 metri, 4 metri di diametro. In serata si va a Las Vegas in aereo. La città è un’unica sala da gioco abitata da schiavi dediti a gettonare macchinette mangia soldi.
Lasciamo la città improbabile per entrare nel mondo della natura che aspettavo e che giustifica da solo il viaggio. Il pullman scorre sul deserto coperto di sterpaglia che il vento fa rotolare ovunque, Montagne Rocciose a colori stratificati. Il parco Zion con l’immenso Aro kolob, il “dito” monolito solitario (una gusela), la fattoria di allevamento di cavalli, alla base di un’altissima parete verticale attraversata da un fiumiciattolo e i radi pini. Il Bryce Canyon, fantasmagorico susseguirsi di pinnacoli, sembrano un immenso tempio cambogiano anghor wat, a colori cangianti che al tramonto sfavillano. Al decimo giorno siamo all’imbocco della Monument valley. Pranzo tra le dune del deserto. Attraversiamo il Colorado sulla diga Glen canyon Dani, opera monumentale, museo della sua costruzione e così entriamo nel territorio dei Navajo. A Kayenta si entra nella Monument Valley cosparsa di enormi monoliti rocciosi che tutti conoscono dai film sulla conquista del Far West. Si va verso l’Arizona dove il colore rossastro del paesaggio viene declinato in mille sfumature.
il villaggio vista del Grand Canyon
Finalmente è il giorno del Gran Canyon. Nell’avvicinamento visitiamo il Montezuma castle, villaggio incastonato alto sulla parete verticale che ospitava fino a 200 abitanti. La visione del profondo solco del Gran Canyon è impressionante. Sul fondo scorre il torbido Colorado, sembra un torrentello tanto è lontano. Scorre a zig-zag. Sotto di noi scendo un sentiero, la mulattiera degli angeli che dopo molte ore di cammino porta a un guado sul fiume. Abbiamo avuto modo di percorrere un tratto del canyon al suo interno a bordo di un elicottero scendendo di quota fino al fiume, impressionante il susseguirsi delle pareti verticali! Chiudiamo la giornata con una lunga trasferta per Phoenix da cui partirà il volo per l’Italia. Allegate fotografie che parlano di più e meglio di me.
NB: ho dimenticato di citare una zona di deserto coperto di enormi “saguari”, sono cactus alti fino a 6 metri variamente ramificati, nonché, come sottobosco, una miriade di cactus delle varietà più diverse variamente colorati.
il saguaro dall’elicottero
Libro secondo numero 202