Lunedì di Pasquetta. Oggi voglio dimenticare, solo nascondere il Covid e il diario ad esso dedicato.
Perciò propongo dal libro “Mi sono sbottonato” il racconto del mio viaggio in Serbia nel 2012, alle pagine 167-169: Belgrado Kraljevo e monasteri, Serbia e Kosovo, Krusevac e monasteri.
Belgrado
Hotel Balkan, tipico anni ’30, stile Orient Express. Camera stretta con Giampaolo, un po’ consunta. Viaggio di 12 ore, tre brevi soste, tre frontiere scorrevoli ma non troppo. Autostrada buona, ben mantenuta, paesaggio rurale, coltivato, abitazioni anni ‘70, molte case senza finiture esterne. Economia in ritardo rispetto a noi di quarant’anni. Interessanti boschi di querce, rovere di slavonia, trattasi di alberi d’alto fusto fino a trenta metri, snelli con diametro trenta-cinquanta cm, con fogliame solo sulla cima, sottobosco pulito, radi, circa cinque metri tra loro.
Belgrado è una città caotica, palazzi dormitorio di impronta Unione Sovietica, collettivismo. Pochi i palazzi della Belgrado mitteleuropea, vecchi e degradati, di epoca primi ‘900. In centro alcuni palazzi moderni bombardati durante la guerra serbo-bosniaca dagli aerei NATO. Erano palazzi del Governo. In generale è una città tetra.
Belgrado-Kraljevo
Il Monastero di Zica è stato ricostruito dopo i bombardamenti tedeschi nella seconda guerra mondiale. Molto è stato distrutto, il poco rimasto esprime nell’architettura, e ancor di più nella pittura, l’arte Bizantina, che vuole “dimostrare”, a differenza degli stili successivi, Romanico e Gotico, che vogliono “rappresentare” l’evolversi delle azioni dell’uomo.
Infatti la “dimostrazione” è sinonimo di tradizionalismo, del non cambiamento, del divino, della verità, del vangelo che non può essere oggetto di evoluzione. La chiesa ortodossa continua ad applicare questi canoni anche nelle espressioni esteriori, come le vesti sui dipinti che devono dire il potere Divino attraverso i suoi legati umani. L’edificio monasteriale proprio per queste sue espressioni è importante tanto da essere ritenuto modello per molte, tutte, le chiese e monasteri successivi.
Alcune note sul tragitto Belgrado-Kraljevo fra i monti che portano al sud della Serbia. Agricoltura di piccoli appezzamenti, quindi povera, di sussistenza. Confermo l’impressione di trovarci nei nostri anni ‘60-‘70: la raccolta del granoturco è fatta manualmente raccogliendo le piante con le pannocchie a piccoli fasci per poi formare quelle che noi chiamavamo le “mule” e cioè una trentina di questi fasci accatastati, in piedi, fino a formare un cumulo conico in modo che l’acqua possa scorrere senza bagnare le pannocchie, una pratica sparita dalle nostre campagne negli anni ‘60.
Il Monastero di Liubstinja, a circa 30 km ad est di Kraljevo, è pesantemente restaurato per danni del tempo e delle ripetute incursioni turche. L’insieme architettonico è molto elegante ed esprime spiritualità. Le poche pitture rimaste consentono di immaginare l’atmosfera all’interno della chiesa, quando pareti e colonne erano dipinte con vivaci e ben distribuiti colori. Tutto era combinato per esprimere il divino. Poco era drappeggio o comunque non essenziale. I rosoni, le lesene ben lavorate hanno la funzione di esaltare il misticismo.
Serbia e Kosovo
Vorrei in particolare descrivere le impressioni su quanto ci va dicendo la guida, una signora serba, che ci accompagna per poter girare nella zona adiacente il Kosovo, non sufficientemente sicura dati i contrasti territoriali ed etnici tra i due paesi. La situazione “balcanica” in senso generale per il passato e poi per quanto avvenuto a cavallo degli anni ’90, fa presagire un futuro tutt’altro che tranquillo.
Questa signora cinquantenne di Belgrado, nelle poche ore che è stata con noi, ha profuso una quantità incredibile di odio etnico contro i kosovari, descrivendo idee e fatti evidentemente falsi, assolutamente impossibili. A Novi Pazar, città al confine con il Kosovo, quindi con una buona presenza musulmana, ci dice che ci sono donne che ricevono €300,00 al mese per indossare costumi arabi da non ben precisati pagatori orientali per mostrare la preponderante presenza etnica sui serbi. Ma per le strade ne abbiamo viste ben poche in costume. Aggiunge che gli americani sono colpevoli dei massacri nella ex Jugoslavia per aver fomentato la rivolta dei musulmani bosniaci, che l’attuale situazione del Kosovo è stata voluta dagli americani per accaparrarsi il petrolio sul quale galleggia il paese, le miniere d’oro e i diamanti.
Il nazionalismo serbo la porta a confrontare i pochi, anche se importanti per l’iconografia ortodossa, dipinti di alcuni monasteri con le opere di Michelangelo o di Leonardo. Anche l’impero romano deve molto al mondo slavo, ben sette imperatori furono di origine serba.
Nell’arco della giornata mai un accenno alla responsabilità serbe sugli eccidi in Bosnia, se non per dire che furono indotti dai massacri di altre etnie nei confronti dei Serbi o addirittura perpetrati da altri per accusare loro. Denuncia la popolazione di Novi Pazar, musulmana, di essere ricca, di avere casa propria, lavoro, molti hanno la Mercedes in quanto sovvenzionata da paesi arabi, non si sa quali, per screditare la Serbia. E molti altri aneddoti di questo tipo ancora più fantasiosi.
Se questo nazionalismo esasperato in una persona di media cultura appartiene anche alla maggioranza della popolazione serba, e purtroppo penso sia proprio così, è comprensibile la conflittualità costante dei serbi nei confronti dei popoli vicini e più in generale del mondo intero. I fatti allo stadio di Genova dell’anno scorso, dei quali i serbi furono negativamente protagonisti, che attribuivo a singole persone deviate, dopo questo viaggio siano proprie del DNA di questo popolo. L’ombelico del mondo non è la Serbia, tutt’altro. Fintantoché questa convinzione non esce dalla mente collettiva di questo popolo, sciagure per sé e per chi è con lui in contatto saranno certe e inevitabili.
Krusevac
Visita alla chiesa di Lazarica in città. Lo stile è moravo, si trova all’interno di un cerchio di mura in rovina. Caratteristica principale l’aspetto esterno ottenuto con un gioco di contrasti e ombre dovuto all’uso del laterizio e pietra con giunti in malta chiara. Le ombre sono il risultato di leggere lesene, finti archetti, pietre scolpite a figura geometrica. Tutto ciò fa sì che la nostra sensibilità recepisca le vibrazioni, cioè lo spirito della costruzione e non più la materialità dei mattoni e pietre della costruzione. L’interno molto raccolto è in qualche modo sproporzionato rispetto alla monumentalità esterna. Molto slanciata la cupola.
Monastero di Ravanica, che ha struttura simile a quello di Lazarica. Ha avuto l’aggiunta di un nartece aperto dagli Asburgo. Caratteristico il richiamo costituito da un batacchio fatto da un martello in legno e una tavola, da una campana e da un diapason. L’interno a quattro cupole laterali altissime e piccole, la centrale imponente e altissima da cui scende il candelabro a corona reale, così come sempre presente in tutte le chiese serbe a dimostrazione che il potere è di provenienza divina e quindi Divino è il detentore di tale potere. Il manto di affreschi è molto rovinato per le invasioni, gli eventi bellici, il passare del tempo. La posizione, ai piedi di una collina, è poco difendibile nonostante il cerchio di mura con sette torri.
Il monastero di Mamasija è simile a Ravanica con una matrice di fattura successiva che copre l’originale facciata. Architettonicamente è analogo ai precedenti. Caratteristica invece la mura di cinta alta fino a 35 metri e una serie di torri che ne fanno una formidabile fortezza.
Per comprendere, o meglio per intuire il mondo balcanico, la questione balcanica, il crogiuolo dei Balcani, l’intrigo della balcanizzazione, consiglio di leggere “Il ponte sulla Drina” di Ivo Andric e “L’esilio” di Enzo Bettiza.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!”, Libro I, pag. 167-170