Libro I Mi Sono Sbottonato!

Perigeo. Valnerina, 2013. Seconda parte.

1 Aprile 2021

La ferrovia

Siamo nei pressi dell’Abbazia dei Santi Felice e Mauro. Scendiamo dall’autobus davanti a un piccolo casello ferroviario di una ferrovia che non c’è. Chiedo notizie ad Alessandro che ci racconta: nel 1913 ebbe inizio la costruzione della linea ferroviaria di collegamento della Valnerina con Spoleto. Fu un’impresa di notevole ingegneria. Il punto di partenza era allo stesso livello di Spoleto, si doveva però scavalcare una montagna. Allo scopo era stata scavata una galleria elicoidale per 700 metri di dislivello, realizzando un’opera che per molto tempo fu ritenuta ardita nel mondo ferroviario. Attualmente tutto il tracciato è pista ciclabile.

Il fiume Nera

Ha carattere torrentizio, è veloce, a volte impetuoso per la buona disponibilità d’acqua dovuta alla stagione piovosa e all’abbondante neve in montagna. Fino agli anni ‘50 aveva una portata cospicua, almeno doppia dell’attuale.

Con l’industrializzazione di Terni e l’aumentata necessità di energia elettrica, è stata deviata molta acqua attraverso la galleria per alimentare il lago di Piediluco e la relativa centrale elettrica. In questa restrizione sono state coinvolte anche le Cascate delle Marmore da me visitate negli anni ‘60 con la famiglia. Attualmente le cascate vengono ripristinate a scopo turistico una volta la settimana.

Le tartufaie e la canapa

È questa la zona più importante per la produzione dei tartufi, che viene attuata con la coltivazione su terreni specifici. La ricerca tra i boschi è amatoriale, anche perché particolari condizioni ambientali ne hanno ridotto l’areale. In zona c’è uno stabilimento di riferimento per la raccolta e preparazione dei tartufi, congelamento, cottura, inscatolamento, imballaggio e spedizione. Ogni giorno partono furgoni verso gli aeroporti romani per le spedizioni in tutto il mondo. Questo centro di raccolta è un riferimento anche per le regioni limitrofe.

Su gran parte del fondovalle del fiume Nera dai tempi antichi fino agli anni ’80 veniva anche coltivata la canapa, tanto che un importante museo è stato costituito sull’argomento raccogliendo testimonianze delle persone ancora viventi che hanno lavorato sia alla coltivazione che alla preparazione e tessitura del prodotto.

Patrimonio artistico

Il patrimonio artistico della Valle è legato alle chiese che sono numerosissime. Purtroppo da sempre si sono verificati furti. Certamente dagli anni ’50, con l’avvento dell’esplosione economica e quindi della ricchezza disponibile, la domanda di cose belle si è accentuata sottoponendo i parroci, unici depositari di questi beni, alla tentazione di vendere dipinti, candelabri, sculture e quanto di prezioso le chiese hanno. Fino a pochi anni fa non esisteva un inventario di tali beni. Ecco un fatto nel 1970: in una chiesa è sparito un crocifisso del 1300, importante. Interpellato, il parroco, disse di averlo portato in un luogo sicuro per preservarlo dai furti che avvenivano frequenti nei dintorni. Passarono anni il parroco ormai vecchio si ammalò, ormai morente fu avvicinato da Alessandro che gli chiese di svelare il nascondiglio del crocifisso, il prete girò la testa e non disse nulla. Dopo qualche giorno morì portando con sé il segreto. Forse l’aveva venduto per i bisogni della parrocchia. Dopo questo e altri fatti la Curia ha predisposto l’inventario dei beni di ogni chiesa della diocesi.

Identità della popolazione

L’identità delle persone con i luoghi natii è molto forte nonostante i mezzi di comunicazione e locomozione consentano di guardare sempre più spesso fuori dal proprio territorio. È proprio per questo sentimento che succedono i fatti che vado a descrivere.

In un territorio di 6 km di lato ci sono 5 paesetti di 500 anime, ognuno dei quali ha un suo cimitero. In occasione dei risarcimenti per il terremoto, con fondi europei, si sono rese disponibili risorse per l’ampliamento dei cimiteri. A qualcuno degli amministratori venne l’idea di proporre l’ampliamento di un solo cimitero a utilizzo comune e di utilizzare i fondi risparmiati per opere anche più utili. Ne è venuta una sollevazione di popolo. Si era tentata anche la centralizzazione del servizio funerario allo scopo di migliorare le prestazioni riducendo i costi. Anche in questo caso il mantenimento dell’identità al proprio campanile ha sacrificato il buon senso.

Transitando sulla strada di fondovalle abbiamo visto un paesino di poche case abbarbicato un centinaio di metri più in alto sulla ripida Costa del Monte: Preci. Da questo paesino e dalla vicina Abbazia di San Eutizio, con il suo campanile sopra lo sperone, si divulgò la scuola chirurgica detta appunto “preciana” che trovava le sue origini nelle conoscenze portate dell’oriente dai monaci siriaci. Sono questi quel gruppo di monaci, si dice 300 circa, che nel IV secolo trovarono in questa valle il luogo ideale per il loro vivere la fede.

Voglio sottolineare la sorprendente situazione di restauro e mantenimento degli edifici religiosi, pubblici e privati, anche i più modesti. Tali opere sono fatte bene con risultati estetici notevoli. Certamente a questa azione di rinnovamento hanno contribuito i fondi stanziati per il terremoto di qualche anno fa, ma il merito va essenzialmente alla popolazione. Ritengo i risultati ottenuti paragonabili a quelli realizzati in Friuli dopo il terremoto del 1976. La popolazione parla con orgoglio del corretto uso fatto dei fondi ricevuti dall’Europa, dallo Stato centrale e dagli Enti territoriali. Dicono in zona che non c’è in corso nessuna indagine sulla correttezza dell’uso del denaro pubblico.

I luoghi visitati sono stati: San Pietro in Valle, Umbriano, Caso, Santa Cristina a Caso, Santa Maria delle Grazie a Caso, Castel San Felice, Abbazia dei Santi Felice e Mauro, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera, un paese completamente ristrutturato, Borgo Cerreto e Ponte, un paese posto su uno sperone di roccia alto circa 150 m, che controllavano la valle fin dall’epoca medievale.

Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!”, Libro I, pag. 190-192

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