288 decessi, 14 mila nuovi contagi, l’andamento pandemico scende con esasperante lentezza, nonostante l’euforia di coloro che vedono che “tutto va bene madamadorè”. Non ho commenti, sarebbero ripetizione dei giorni scorsi.
Ho letto sul giornale una asserzione stupefacente: è la prima volta dal 1633, quando Galileo fu processato dal Santo Uffizio, che la magistratura è chiamata a decidere se uno studio scientifico costituisca o meno diffamazione. Chiamare in causa Galileo, sostenitore della teoria eliocentrica, è di per sé clamoroso, sapendo che l’accusatore, il cardinale Bellarmino, ammise a posteriori di non escludere che la teoria eliocentrica sia attendibile.
Ora presento il fatto: il microbiologo Crisanti, noto per le sue ricerche in Veneto all’inizio della pandemia nel 2020 che tanto hanno contribuito a limitare gli decessi, ha fatto una ricerca sull’uso dei test antiCovid rapidi rilevandone una bassa affidabilità. Tale studio, convalidato dal comitato etico ospedaliero, è stato inviato a una rivista specializzata per essere diffuso. Lo studio non è stato recepito dal servizio sanitario. È stato però collegato ai tanti morti della seconda ondata, imputando i politici di non averlo adottato.
Il mio scritto vuole solo mostrare l’assurdità di coinvolgere la giustizia sulla ricerca scientifica che deve essere ritenuta verità fintanto che non sia dimostrato il contrario dagli enti preposti al controllo. Esemplare il caso Astrazeneca di questi giorni. La verità non può essere tenuta nascosta nel timore di azioni legali, con la direzione ospedaliera nella persona di Flor che risponde all’intervistatore: “La ditta, produttrice dei test, ci fa causa e ci chiede i danni, è meglio dire che lo studio non l’abbiamo mai visto”. Penso ci siano ben pochi commenti da fare.