Il lunedì i dati sono poco attendibili, Quindi rimandiamo i commenti a domani. Oggi parlo di me. È un giorno come tanti altri in questo tempo di pandemia, tutti protesi a difendersi dal male invisibile, evitare i contatti. Il telefono, whatsApp ci consentono di mantenere i contatti, ma poco per trasferire empatia. Se la cosa durerà a lungo avremo un bel po’ di lavoro a ricostruire i legami interpersonali. Per gli anziani sarà ancora più difficile relazionarsi, molti ci hanno lasciato e lo stato fisico precario di certo non aiuta.
Questione di burocrazia
È di questo che sto per dire. Le gambe mi reggono sempre meno, pertanto abbiamo deciso di chiedere all’ufficio preposto alle disabilità di concedere il permesso di entrare in città con l’auto e poter parcheggiare negli appositi spazi riservati. Sembra una formalità burocratica di poco conto, sembra! L’ufficio di oggetto non si può raggiungere in auto se non si ha il lasciapassare stesso, può esserci una contraddizione più clamorosa? Ma non è di questo che dirò ma dell’impatto all’entrata nella sala d’attesa. Anziani malridotti tutti accompagnati. Tutti sembravamo creature spaurite, fragili in balia impotenti di altri che agivano, parlavano per loro conto. Forse lo ero anch’io.
Entrati nella saletta della commissione c’è un tavolo a U che lascia uno spazio di un metro e cinquanta di lato tra le due forche della U. Qui viene posizionato il malcapitato invalido, magari solo di vecchiaia. Sono dovuto scendere dalla carrozzina e sedermi in una scomoda sedia di ferro. Attorno al tavolo, chi di fronte a me e altri alle spalle, sette commissari nascosti dietro sette computer protetti da me da una paratoia di plastica trasparente. Sbuca una faccia da dietro un computer e comincia il colloquio/interrogatorio. Si parte subito male. Io un tantino sordo, la paratoia di plastica, la distanza di sicurezza sanitaria. Lei parla e io dico: come ha detto? Si sono Schiavon Antonio, non ho capito, mi ripete? Grazie. E via così. Voglio proprio vedere la vecchietta che attende in sala d’attesa come se la caverà con l’occhio scialbo che si ritrova! Poche altre domande e mi liquidano. I sette commissari, sempre nascosti dietro i loro computer, saranno senz’altro consapevoli che nel mio stato fisico bacato avrò diritto al lasciapassare di cui sopra?
Mentre ero seduto su quella sedia di ferro mi sentivo come nell’ufficio della polizia segreta a Lubiana, in “Acipelago gulag”. Uscito e raggiunta con fatica l’auto ho riflettuto e mi son detto: bravo Toni, da oggi entri in una nuova fase della vita, l’invalido. Vedi un po’ di darti da fare perché non sia una resa, un abbandono del ring!