È il solito tran tran, decessi e contagi costanti. Guardiamo in senso positivo: teniamo testa al nemico, in senso negativo: così non ne usciamo più. La campagna vaccinale ha delle difficoltà a mantenere il ritmo. Ho fiducia. Dove proprio non ci siamo è l’irresponsabilità di noi popolo. Affollamenti ovunque, il che vuol dire che abbiamo interpretato il colore giallo come un liberi tutti. A Roma hanno dovuto sfollare il Corso.
Politica. Il fenomeno dell’ultima ora “vogliamoci tutti tanto bene appassionatamente” da Salvini a Di Maio, da Forza Italia a LEU, mi sconcerta. Tre giorni fa si scannavano a ogni aprir di bocca e ora vanno a braccetto sulla scialuppa di Draghi. Mi auguro che Capitan Draghi non imbarchi approfittatori, quinte colonne e incompetenti.
Viaggio in Marocco dal 26 settembre al 4 ottobre 1998 seconda puntata.
Fes 28 settembre. Fez è la più antica città imperiale, sorta prima del mille. Prestigiosa la sua Università, era considerata l’Atene d’Africa. In essa convogliava il meglio della vita religiosa, intellettuale e artistica con l’apporto di migranti dalla Spagna ed ebraici, nonché riferimento per tutto il Nord Africa. Ci sono perciò memorie e vestigia di diversa provenienza e periodi. Farò un rapido sunto di quanto mi ha maggiormente colpito. Dalla porta Bab Boujloud, bellissimi giardini adiacenti, si arriva a Fes el-Bali. La porta è monumentale, tutta ricoperta di piastrelle di maiolica. Segue Medina, in questa c’è una miriade di stradine, si contano un migliaio di vicoli ciechi, i derb, che rendono intricato muoversi. Tanta è la sua singolarità che è stata censita come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. La Madrasa Bou Inania, scuola coranica, è la più grande di Fes. Un incanto di intarsi. La Kaysaria, il mercato di broccati e sete. La moschea Karaouine con 16 navate, 270 colonne. È grandiosa. La sua biblioteca è fra le più grandi del mondo arabo, ha in sé il meglio delle idee architettoniche di Cordoba e Granada.
Si prosegue per il quartiere dei conciatori di pelli. Nei vicoletti si cominciano ad incrociare degli asinelli carichi all’inverosimile di pelli di capra puzzolente e gocciolanti liquami. Si è costretti ad arrampicarsi al muro per evitare di essere strusciati dalle pelli. A volte l’asinaio è costretto a spingere le terga della bestia per farla avanzare. Questi incontri ci dicono che siamo nelle vicinanze delle vasche di concia. Uscendo da un vicoletto l’impatto visivo è incredibile. Ci sono centinaia di vasche circolari di un paio di metri di diametro piene di liquidi multicolore sui bordi delle quali sono ammucchiate le pelli da trattare, un formicolio di uomini, alcuni con le gambe immerse nelle vasche che lavano, strusciano, stendono, raschiano le pelli. Solo le fotografie che allego rendono l’idea.
Entriamo quindi nel quartiere degli andalusi. Qui si raccolsero i profughi dalla Spagna scacciati dagli spagnoli cristiani. La moschea degli andalusi è riccamente decorata e intarsiata. Notevole la grande porta con la relativa tettoia intarsiata e decorata. Nel quartiere ci sono molti laboratori di ceramiche, in particolare zellige. Abbiamo avuto modo di visitarne uno, sorprendente osservare con quanta maestria realizzano le colorate maioliche. Alla prossima puntata completerò il giro della città.