Il Caso Zedapa, ristrutturazione e crisi di un’azienda metalmeccanica
una ricerca sulle origini e sull’evoluzione della Zedapa svolta nell’anno 2011-2012 da Rita Schiavon come tesi di laurea in SCIENZE DEL GOVERNO E POLITICHE PUBBLICHE.
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La Zedapa, sia pure con altri nomi, è nata nel 1897 con lo scopo di produrre accessori per la pelletteria: fibbie, ganci, occhielli di varie tipologie, rivetti. Queste produzioni furono preponderanti fino agli anni trenta del ‘900.
Solo negli anni successivi, alla fine della seconda guerra mondiale, iniziarono le diversificazioni con prodotti relativi ad altri campi di impiego: elettrico, automobilistico, elettrodomestico, cartotecnico e successivamente elettronico. Le tecniche produttive iniziarono con lavorazioni completamente manuali, quindi con utilizzo totale di manodopera poco qualificata. L’evoluzione tecnologica nei primi quarant’anni è stata molto lenta. Solo dopo la seconda guerra mondiale l’evoluzione ha avuto una accelerazione notevole, per l’ammodernamento di macchinari e materiali, dovuti anche alle esigenze militari. Certamente le esperienze anteguerra sono state il substrato essenziale per mantenere l’azienda leader del settore in Italia e fra le maggiori del mondo, come quelle nel nord della Germania o a Philadelphia negli Stati Uniti.
Il processo tecnologico più importante è quello dell’imbutitura: la trasformazione di un nastro metallico in un oggetto tubolare. Naturalmente riferito a oggetti di minuteria metallica, cioeè di piccole dimensioni. Gli ‘attrezzi’ per antonomasia sono gli stampi, che consentono di raggruppare le varie fasi di trasformazione del nastro in un unico stampo che montato in una macchina, la pressa, ne consente un uso automatico con lo scopo di realizzare grandi quantita` di prodotto con costi economici. La leadership di un’azienda sta proprio nella capacità, grazie al suo know how, di competere per costi e qualita` con i concorrenti.
Le presse
Sono i macchinari che ospitano gli stampi, che descriverò successivamente. Le presse eseguono un moto alternativo di compensazione sullo stampo per la trasformazione del nastro metallico. Hanno inoltre dei meccanismi ausiliari per l’alimentazione automatica del nastro e altri atti a completare l’esigenza del completo funzionamento dello stampo, quali l’apparato lubrificante ecc. Le presse, per questo tipo di prodotto, erano generalmente di fabbricazione interna alle aziende, poche del settore, fino agli anni ‘50, perché troppo specifiche e per un mercato relativamente piccolo. Con il boom economico il mercato delle minuterie metalliche si e` immensamente ampliato giustificando il sorgere di produttori di presse la cui tecnologia attuale è davvero sofisticata con risultati di utilizzo ottimi.
Lo stampo
È costituito da una base fissa che alloggia le matrici delle varie operazioni atte a trasformare in fasi più o meno numerose il nastro metallico e da un cappello mobile che alloggia i punzoni corrispondenti alle matrici della base fissa che con l’impatto tra loro definiscono la forma del prodotto. Gli stampi specifici per questo tipo di produzione sono sempre stati tenuti nascosti al mondo esterno dalle aziende del settore per il know how che esprimono. In altri settori, orologeria, auto ecc. il discorso è diverso. Infatti per questi ci sono sempre state officine specializzate esterne alle aziende del settore. La Zedapa, per le ragioni che ho cercato di esprimere, ha ritenuto di potenziarsi dagli anni ‘50 sia con macchine utensili di precisione sia, scelta ancor più importante, con la qualificazione del personale, per istituire un sistema integrato per la realizzazione degli stampi: uffici tecnici, reparto sperimentale, reparto costruzione stampi, reparto collaudi e prima produzione. Proprio questo complesso tecnologico ha consentito alla Zedapa di affrontare la diversificazione dei successivi anni.
Una nuova organizzazione del lavoro
Fin qui ho descritto l’evoluzione tecnologica dell’azienda fino agli anni ‘50, nonché l’impostazione delle strategie tecniche per mantenere la leadership nelle minuterie metalliche puntando essenzialmente alla realizzazione di prodotti di altissima qualita` a prezzi concorrenziali. Anche la direzione aziendale aveva intuito lo sviluppo dei mercati a breve tempo e i dipendenti aumentarono fino a un migliaio di unita`. Proprio in questi anni c’è stato un vorticoso potenziamento del tessuto produttivo: nuovi reparti, potenziamento di altri, nuovi quadri professionalizzati per sostenere il “nuovo” che avanzava. Di contro, purtroppo, l’organizzazione generale e` rimasta quella precedente, stratificata in forma piramidale: direzione, capireparto, operai specializzati, manovali (categoria che comprendeva una alta presenza femminile per lavori di basso profilo specialistico, vuoi per la bassa scolarita` ma ancor piu` perché una percentuale molto alta si licenziava per il matrimonio, per cui era difficile potesse specializzarsi). La combinazione di questi fattori, ovvero la richiesta di prodotti sempre piu` sofisticati e di qualità, l’alta incidenza di personale non qualificato, il lungo periodo necessario per la specializzazione del personale, ha molto presto evidenziato l’esigenza di apportare modifiche radicali all’organizzazione del lavoro. Ecco allora l’entrata in gioco di una societa` esterna di consulenza che si trovo` subito a operare in un sistema sclerotizzato dalle consuetudini e dai quadri invecchiati. Un solo settore, il reparto presse, il piu` importante per l’azienda, nella veste dei suoi capi responsabili ha recepito l’esigenza del cambiamento. Naturalmente ogni intervento atto a cambiare lo status quo veniva osteggiato perché fatalmente avrebbe pesato su alcuni gruppi di persone. Un esempio per tutti. In sala presse il lavoro era suddiviso per categorie di persone: meccanici, piu` o meno specializzati, per la manutenzione degli stampi durante la produzione e per la manutenzione o riparazione degli stessi; macchinisti per la messa in opera degli stampi nelle presse e loro funzionamento (questo personale era decisamente meno qualificato del precedente); controllo qualita` del prodotto, che dipendeva direttamente dal servizio di Controllo Qualita` (CQ) costituito da una sessantina di donne di nessuna qualificazione meccanica, che avevano il compito di certificare che il prodotto corrispondesse a quanto richiesto dal disegno e norme allegate. Questa suddivisione mostra immediatamente la frantumazione delle responsabilita` relativamente al prodotto finale e ai mezzi di produzione, con risultati a volte devastanti. Altri importanti interventi furono fatti in questo contesto, con la costituzione di un nuovo reparto manutenzione stampi, che ha portato scompiglio nell’organizzazione, cosi` come la successiva costituzione della scuola allievi. L’esigenza di riciclare, non licenziare, un numero cosi` rilevante di persone ha creato contrasti tra i quadri dei vari settori produttivi in quanto portava scompiglio nell’organizzazione generale dell’azienda, ma in modo rilevante tra i lavoratori interessati, coinvolgendo quindi le organizzazioni sindacali. Comunque il progetto continuo` sia pure con difficolta`, mentre sul piano della diversificazione produttiva si realizzarono importanti passi avanti.
La diversificazione produttiva
Dal 1955 inizia l’importante diversificazione produttiva della Zedapa che entra nel mondo automobilistico, in particolare in stretta collaborazione con la Fiat. Per alcuni anni questi prodotti giunsero a essere il 70% del prodotto globale. Quasi tutti questi prodotti erano in acciaio e dovevano perciò essere sottoposti a trattamento termico, un processo tecnologico nuovo da inserire nel circuito produttivo. Per acquisire la conoscenza necessaria fui inviato in Germania a Francoforte sul Meno presso la Durferrit, grossa azienda di prodotti chimici. Al ritorno venne creato, sotto la mia conduzione, un nuovo reparto per i trattamenti termici. Dopo pochi mesi d’avviamento tornai al mio reparto d’origine, la sala presse, dove mi fu dato l’incarico di costituire un nuovo reparto per la manutenzione degli stampi, di fine lotto e preventiva. In poco tempo questo reparto divenne fondamentale per il buon funzionamento della produzione. Si giunse ad un organico di 60 unità. Anche questo reparto passò alle dipendenze di un mio gregario in quanto io avrei dovuto tornare a dedicarmi alla sala presse. La diversificazione produttiva decisamente avviata verso i prodotti per il settore elettrico ed elettronico impose un enorme sforzo innovativo sui macchinari, ma ben più rilevante sul capitale umano, che rimase l’anello debole della catena, come ho precedentemente detto, per cui la parte piu` rilevante della mia attività fu indirizzata ad acquisire competenze da travasare nel personale da qualificare. È di questi anni l’impostazione di canali comunicanti tra i vari reparti, anche con l’utilizzo di consulenti esterni specializzati in organizzazione industriale, per far cadere le barriere del “si è sempre fatto così”. A seguito della riduzione di prodotti per l’auto sostituiti dall’avanzare della plastica, si entro` poi nel mercato elettrico ed elettronico con nuovi prodotti realizzati recependo tecnologie dall’estero, come contenitori per il fulminato di mercurio per i flash, supporti per diodi e nuovi importanti clienti, come la Instruments, per prodotti su disegno. Si cominciarono a realizzare gli abbinamenti plastica-metallo. Le nuove tecnologie consentivano automazioni che riducevano drasticamente il bisogno di personale poco professionalizzato, rendendo cosi` difficile sopportare i costi conseguenti che, molto successivamente, avrebbero comportato necessariamente la richiesta di qualifiche tecniche più avanzate. L’estrema rigidità sindacale in questo campo ha completato il quadro sul quale si sono innestati conflitti che hanno portato nel 1978 alla chiusura dell’azienda. I tempi evolutivi delle tecnologie erano diventati così rapidi che non consentivano più ai tempi evolutivi dell’uomo, cosi` come si erano scanditi precedentemente, di mantenere il passo.
Contemporaneamente sorse un altro fenomeno a complicare la situazione. Alcuni operai specializzati con qualità imprenditoriali, trovandosi ingabbiati nel livellamento salariale del periodo 1968/1978, si dimisero creando piccole unita` produttive per i prodotti piu` facili che venivano abbandonati dalla Zedapa proiettata verso il nuovo piu` remunerativo. A questo punto il “libero mercato” avrebbe trovato un suo equilibrio nella creazione degli spin off di piccole dimensioni che risolvevano alcuni problemi, in quanto permettevano sia il libero sfogo alla capacita` tecnica e imprenditoriale dei piu` capaci, prigionieri del livellamento, cosi` come nelle scuole e universita`, sia di soddisfare la domanda del mercato. Ma ne creavano molti altri: A) le piccole aziende, sorte sia pur con persone capaci, non erano idonee proprio per la loro insufficiente struttura, anche finanziaria, allo sviluppo. Vedi il tessuto industriale veneto ancora oggi. B) hanno ridotto la capacita` delle aziende piu` grosse, che avrebbero avuto struttura organizzativa e finanziaria per lo sviluppo, sottraendo loro l’elemento umano piu` qualificato lasciandole soffocare sotto il peso negativo di personale inadatto.
Conflittualità sociale
Nel 1968 il boom economico nazionale è ormai avviato. Le necessita` primarie della popolazione sono conquistate, l’auto e` a portata di mano di tutti. Nella furia tutti si illudono che si possa avere tutto e subito. Non e` mia intenzione fare l’analisi sociologica delle conseguenze del fenomeno, anche perché sostenuto da ideologie ugualitarie che il 1989 ha ridimensionato. Cerco di descrivere succintamente i fatti che a mio avviso misero la Zedapa all’angolo.
- Il sorgere di una concorrenza capace anche figliata dalla Zedapa: gli spin off;
- la crescente necessità di personale specializzato, purtroppo non sufficientemente ricompensato a causa dell’appiattimento salariale;
- insufficienti e non tempestive strategie industriali in un mercato che non poteva essere solo nazionale, date le dimensioni della Zedapa;
- la necessità di realizzare una ristrutturazione, anche se questo si è tentato di fare in tempi che non erano maturi dal punto di vista sociale.
Le ragioni di alcune scelte di vita
Nel dormiveglia dell’alba, in un miscuglio di pensieri, mi sono immaginato che la professoressa che dialogava con mia figlia Rita le chiedesse la ragione per la quale avesse scelto di sviluppare per la sua tesi di laurea l’argomento Zedapa e la sua crisi.
Per capire le ragioni, tutte le ragioni, e non solo quelle prodotte da mio padre, di una involuzione che oggi non troverebbe riscontro. In questa sala ci sono alcuni attori, altri sono presenti nelle interviste, degli avvenimenti sviluppatisi tra gli anni ’60 e il 1978, anno della chiusura. Mio padre rappresentava il lavoro dal punto di vista dell’azienda, data la sua posizione dirigenziale di tecnico. Si era creato sul campo partendo da apprendista fino a ricoprire il ruolo dirigenziale, completandosi con studi serali, già dai primi anni ’50. Con tale esperienza conosceva la manualità e tutte le attività svolte dal personale perché vissute in prima persona. L’altro punto di vista era rappresentato dagli operai alcuni dei quali, forse i più significativi di quel tempo, sono qui presenti e hanno contribuito alla stesura della tesi con le loro testimonianze”.
Come per incanto il teatro “Ruzzante” si trasforma da aula universitaria a luogo di dibattito. Da questo momento scrivo in prima persona perché chiamato a esporre le motivazioni del mio comportamento per cercare, inoltre, di sciogliere i dubbi sulla bontà del mio operare che sempre mi hanno accompagnato dal sorgere dei contrasti in seno all’azienda.
Il lavoro e il merito Innanzitutto vorrei definire la funzione “lavoro”, il suo scopo relativamente alla persona e quindi alla società. Il lavoro è il tramite attraverso il quale la persona realizza un reddito che le consente di avere una vita dignitosa per sé e per la sua famiglia, perciò per la societa` civile. Il lavoro dovra` essere svolto al meglio da ognuno nelle mansioni di sua competenza. Ne consegue che al lavoratore debba essere riconosciuto un “merito” in funzione di come svolge i propri compiti. Non voglio dilungarmi in elucubrazioni da filosofia sociale, non sono certamente preparato, ma fermarmi alla asserzione: “Il merito va riconosciuto e ricompensato”. Questa frase e` sempre stata la guida cui mi sono attenuto, a costo di andare controcorrente sia nei confronti dell’azienda, che a volte per “ragion di stato” mi costringeva a sospendere questa regola come diro` piu` avanti con qualche esempio, sia verso la base costituita dagli operai/ie meno qualificati e dai sindacati, che proprio da questa categoria numericamente rilevante traeva la sua forza.
Anni Settanta, si poteva parlare di merito? Purtroppo la linea di appiattimento dei meriti trova negli anni ‘75-’80 il massimo del consenso, creando le basi del dissesto culturale del quale ancora soffriamo. Non ho mai avuto dubbi che “il merito vada ricompensato”. I dubbi cominciavano quando si doveva misurare il “merito”, quale il metro, la procedura, i criteri, le varie componenti, come escludere simpatie e antipatie, quale il peso percentuale della componente “merito”? Manualità, creatività, intelligenza, disponibilità, intuizione meccanica relativamente agli stampi, capacità di istruire, fisicità`, senso di responsabilità, onestà. Per lungo tempo negli anni ’60 mi chiedevo e chiedevo alla direzione lumi in proposito. Sono stato invitato a conferenze, a qualche convegno di studio. Finalmente, forse con la Garedon, ho avuto un indirizzo da elaborare per la nostra specificita` aziendale. Ho fatto ripetute prove confrontando i dati forniti dai vari capireparto con l’aiuto dei capisquadra, fino a ottenere degli automatismi di giudizio a mio parere accettabili. Purtroppo nel mio archivio non ho più ritrovato copia con relativa procedura applicativa ma posso descrivere, a memoria, i capitoli costituenti il merito relativamente al nostro lavoro e ai tempi.
- Manualità. Era una qualità importante per quei tempi e per i reparti interessati, come la sala presse e la manutenzione stampi, dove l’intervento manuale era fondamentale. Oggi non è più così, la manualità è sostituita da una buona progettazione e da macchine utensili con le quali si ottengono stampi di una precisione irraggiungibile dal meccanico piu` fine.
- Intelligenza meccanica. Capacita` di lettura dei problemi degli stampi, di proporre soluzioni e di attuarle.
- Continuità di prestazioni. Disponibilità alle emergenze, alle urgenze, allo straordinario. In particolare era necessario la possedessero gli operai piu` capaci perché proprio il loro operato creava lavoro per tutti gli altri. Queste caratteristiche mi davano quella flessibilità così importante per il buon funzionamento del sistema. In quei tempi il mio obiettivo era invece di disporre di tutti meccanici autosufficienti e per questo avevo spinto per ridurre l’elemento femminile dai ranghi dell’area stampi, dato che dopo pochi anni di presenza in fabbrica la maggioranza si licenziava per sposarsi. Tuttavia l’autosufficienza e la flessibilità erano caratteristiche ritenute, dalla controparte, una forma di sudditanza, di servilismo e quando il sindacato ha ottenuto la suddivisione delle prestazioni, il mansionario, la produttività industriale ha subito un rallentamento. Infatti, se una persona non qualificata accedeva a lavori specializzati automaticamente doveva passare di categoria, anche se non si era potuto verificarne le capacita`. In questo modo si è creato quell’appiattimento salariale che ha mortificato i meriti e da qui il disamore dei piu` capaci, che si sono licenziati, alcuni davvero bravi, come Facchin, Bonaldi, Schiavon, Boscato, mentre altri se ne sono andati perché incostanti, insofferenti alle regole di convivenza. Alcuni sono ritornati anche tre volte. Questi si trovavano nei reparti mobili della Zedapa i cui capi, quando non ne potevano più, li “scaricavano” alla sala presse. Erano queste le anomalie che la direzione mi costringeva a sopportare perché questi operai capaci non andassero dalla concorrenza.
- Creatività. È un aspetto dell’intelligenza meccanica che consente di allargare il campo d’azione del fare.
- Fisicità. È questo un aspetto delicato da trattare. Rimane comunque un dato di fatto del quale non si puo` prescindere nella valutazione.
- Responsabilità. Eseguire il lavoro come fosse cosa propria. Non e` una dote che abbonda…
- Capacità di istruire. Non potrei sottolineare mai abbastanza questo aspetto, considerando quanto lungo sia il tempo di maturazione di un meccanico stampista.
- Onestà. Dote ovvia che non ha bisogno di lumi.
Come detto poc’anzi ho messo a punto un prontuario che mi è stato d’aiuto per regolare la premialità del “merito”. Il grande problema fu la non condivisione da parte del sindacato dei criteri adottati. Con l’avvento della cooperativa Coopotronic e quindi della Zetronic questi criteri sono venuti a mancare e spesso le promozioni e i miglioramenti economici venivano distribuiti in funzione dei colori politici: bianco=democristiani, rosa=socialisti, rossi=comunisti. Per questo me ne sono andato con la morte nel cuore.
Dopo due anni venni richiamato dalla Direzione generale con la quale concordammo le condizioni del rientro, fra le quali il riconoscimento del merito. La proprietà, la Coopotronic, pose il veto. Qualche anno più tardi la Molex, socieà americana, comprò la Zetronic e impose il riconoscimento del merito e il licenziamento del personale in soprannumero, che venne a ricadere sullo stipendio di quelli che furono assunti così come le liquidazioni della Zedapa che furono fagocitate dalla cooperativa.
Fu elaborata un’altra ipotesi di soluzione della crisi Zedapa: dividere le produzioni tradizionali quali occhielli, rivetti, bottoni automatici, dalle nuove tecnologie per l’elettronica. Impensabile. Durante il periodo della mia permanenza ho avuto l’incarico di presentare un piano di scorporo della produzione tradizionale che ho redatto completo di analisi degli articoli da eliminare perché per varie ragioni non remunerativi, dei mezzi di produzione, degli uomini, compresi i responsabili e l’organizzazione connessa.
Nel frattempo la Direzione generale ha costituito una società, la Zetronic-Collini, per commercializzare i prodotti scorporati. Tale scorporo fu realizzato dopo le mie dimissioni. L’esperienza non ebbe successo a dimostrazione che il tradizionale, non avendo avuto l’evoluzione tecnologica per privilegiare l’elettronico, non era più competitivo. Questo confermò ancora una volta che i posti di lavoro non si creano per legge o per ideologia o per buone intenzioni bensì con un’attenta evoluzione tecnologica.