I numeri confermano l’andamento positivo nonostante i 662 decessi. Sono inevitabili ormai, la pandemia impone le sue regole. Ritorno al discorso di ieri, la scuola a distanza non può e non deve essere una meta. Può essere solo un sussidio per ampliare il bacino di conoscenza. Vi racconto un aneddoto: mentre studiavo per il diploma di geometra, avevo concentrato i primi tre anni del corso in uno solo serale, una sera mi rivolsi al professor Pasini sconsolato dicendogli di non riuscire a ricordare le molte formule di trigonometria e costruzioni. Mi disse: lascia perdere le formule a memoria, quelle le trovi sempre sui manuali, ma concentrati sui processi per ottenerle. Ecco la funzione, enormemente ampliata del computer, un sussidio, non il tuo compagno di banco.
A compendio di quanto detto ieri, rispondo alla domanda dal libro “Nonno parlami di te” a pagina 49: “Quando arrivava l’estate come passavi le vacanze? Mostra uno spaccato di come va costruita l’esperienza!”.
Le vacanze scolastiche delle elementari e del primo anno di avviamento al lavoro le ho passate in campagna dai miei nonni materni. Avevano la stalla con 8 mucche e vitelli, il cavallo per i lavori campestri, i maiali, un gran pollaio dominato dal gallo variopinto, anatre, oche, tacchini e faraone sempre pronte a volar via e io dovevo a sera provvedere al recupero, il grosso cane da guardia, i gatti per tenere lontani i topi, i colombi, i conigli. C’era sempre da fare per me. Nelle prime ore del pomeriggio, mentre gli zii si riposavano, io ne approfittavo per dedicarmi alla ricerca di nidi e alla caccia di grilli nelle loro tane. A giugno il taglio del frumento e la trebbiatura, a settembre la raccolta del granoturco e spannocchiatura quindi lo sgranellamento con la macchina girata a mano. A fine estate la vendemmia nella vasta vigna e la pigiatura dell’uva.
Era un susseguirsi di eventi che trasformavano i giorni in una festa continua. Ho imparato molto, ho memoria gioiose. Ricordo che quando tornavo a scuola entusiasmavo i miei compagni con il racconto delle mie avventure. Non avrei desiderato vacanze migliori. Molti compagni di classe andavano al mare in colonia, non ne avevano nostalgia e avevano ben poco da raccontare. Aneddoto sul cane da guardia. Era sempre tenuto a catena vicino alla sua casetta di legno per cuccia. Di notte invece veniva legato a una lunga corda appesa a un filo metallico in modo da potersi muovere attraverso tutta l’aria. Di giorno veniva liberato qualche ora e spesso insieme andavamo per i campi dove inseguiva ogni animale che si muoveva, uccelli, le faraone, qualche lepre, sempre senza saperli prendere. Un giorno tornati dal vagabondaggio lo portai alla cuccia per legarlo come facevo sempre. Era recalcitrante, io insistevo e a un certo punto si ribellò, mi saltò addosso ribaltandomi e mi addentò la spalla sinistra, ho ancora tre grosse cicatrici. Mio nonno sentendomi gridare e il cane latrare, corse con la forca in mano e colpì il cane con un potente colpo di manico. Il cane lanciò un urlo e cadde morto.