La situazione è perfino monotona, i decessi sono sempre alti, abbiamo già superato la prima ondata, gli altri parametri tendono a scendere ma senza convinzione. Oggi c’è stato il funerale di mia sorella. Sono triste!
Mi rivolgo ancora al libro “Nonno parlami di te” e a pagina 39 rispondo alle domande: “Dove andavi a giocare quando eri piccolo? A cosa giocavate? Qual era il tuo giocattolo preferito?”.
Anche a questa domanda devo fare una premessa: per definire il tempo “quando ero piccolo” si deve necessariamente fare riferimento allo stato sociale della famiglia al tempo storico. Ritengo di delimitare il “quando ero piccolo” fino all’età della terza media. Quando i miei figli, ora sessantenni, erano piccoli, avevano ogni tipo di giocattolo, dalla biciclettina al pallone, le Barbie, i giochi di squadra, pattinaggio, pallavolo eccetera. Se ci riferiamo all’oggi ogni regola di allora è stata soppiantata dai giochi elettronici di cui non condivido nulla, nel senso che tolgono l’essenziale alla crescita fisica e allo sviluppo della fantasia. Viceversa, al tempo della mia fanciullezza i giochi disponibili erano quelli che la nostra fantasia inventava giorno per giorno e a volte in corso d’opera, modificandone le regole per renderli più attrattivi. Forse le bambine avevano qualche bambola di pezza. Questo era quello che il nostro ceto sociale ci concedeva.
Tra i tanti giochi molti erano tramandati dalla notte dei tempi. Pescare girini nei fossati e osservarli nella loro evoluzione a ranocchi, trovare una zona di terra creta-argillosa per modellare castelli oppure fare ciotole molli da lanciare rovesciate sul selciato e vederle scoppiare all’impatto: vinceva chi le faceva più grandi e otteneva squarci più ampi. Si andava a nidi tra i filari di vite, di inverno con la neve mettevamo giù le trappole elastiche per catturare i passeri e qualche merlo. Altro modo per prendere i passeri: con una bassa cesta di vimini rovesciata, tenuta sollevata un po’ con un bastoncino sul quale era legata una cordicella nascosta tra la neve, comandata da lontano. Lo stormo di passeri che ben poco trovavano da mangiare a causa della neve si precipitavano sull’esca di granoturco sotto la cesta, uno strappo alla cordicella e la cesta cadeva imprigionandoli. Rubare la frutta degli alberi dei vicini. Giocare a rincorrersi e non farsi toccare, il gioco della cavallina, con le biglie, con la trottola e frusta, ma questo gioco era pericoloso perché si doveva giocare sull’asfalto della strada, vinceva chi faceva fare più strada alla trottola senza che si fermasse. Certo che invidiavo i giocattoli dei bimbi ricchi, la bici, il pallone, l’armonica eccetera. Non ne facevo, però, un problema di vita o di morte.