Continua la situazione di stasi in vetta alla curva epidemiologica. Rimane l’ansia.
Ancora dal libro “Nonno, parlami di te” a pagina 53 rispondo alla domanda: “Finita la scuola dell’obbligo, (allora era la quinta elementare), hai frequentato un’altra scuola? Ti piaceva? Quale esperienze hai vissuto?”.
In questo libro di ricordi ho già fatto cenno in proposito, mentre mi sono dilungato sull’argomento nel mio libro “Mi sono sbottonato”, al quale rimando la lettura. Penso invece di rispondere magari osservando i ricordi da un punto di vista diverso. La scuola dell’obbligo finiva con la quinta elementare; poter frequentare ancora qualche anno di scuola era un privilegio che ho potuto fare nei primi due anni della seconda guerra mondiale, che si è interrotta a causa dei bombardamenti aerei. Alla fine della guerra, maggio 1945, ho fatto gli esami relativi alla seconda classe, in modo da recuperare almeno un anno dei due persi a causa della guerra. Quel tempo l’ho trascorso sfollato in campagna dai miei nonni materni. L’esperienza di quel tempo in campagna è stata fondamentale per la mia formazione alla vita, gli anni di scuola si possono, con la buona volontà, recuperare, ma l’esperienza di quel tempo contadino sarebbero state perse.
Nel giugno del 1946 finita la scuola sono entrato in fabbrica. Ho iniziato quel lavoro che avrei lasciato nel giugno del 2016 giusti giusti 70 anni dopo. Appena entrato in fabbrica ho dovuto percorrere la “gavetta”, vale a dire fare i lavori più umili di servizi agli operai anziani, che se ben fatti ti avrebbero consentito di aspirare ad imparare i lavori più qualificati. Questa regola l’ho seguita per tutta la vita. Fare al meglio ogni lavoro, anche il più modesto. Questa regola mi ha ben ripagato. Ho capito anche che non bastava solo la buona volontà, bisognava anche conoscere e queste conoscenze non possono essere acquisite, non tutte, sul banco di lavoro ma sul banco di scuola. Mano a mano che progredivo sul lavoro sempre di più sentivo la mancanza di basi teoriche per fare al meglio il mio lavoro. Erano trascorsi 6 anni in fabbrica e dovetti andare in servizio militare. In questo ambiente, gerarchico per antonomasia, ho capito chiaramente che il mio futuro doveva passare attraverso la scuola, il sapere. Non bastava che leggessi molto, avevo bisogno di maestri, di cultura. Durante il servizio militare ho cominciato a programmare l’obiettivo: studi. Al ritorno dal servizio militare sarei dovuto tornare in fabbrica, la mia famiglia non poteva rinunciare al mio stipendio, eravamo poveri, non potevo pensare di potermi pagare la frequenza alla scuola serale privata. Non c’erano scuole serali pubbliche. Accettai di fare, durante il servizio militare, il cameriere al Circolo Ufficiali che mi consentiva di avere una diaria sostitutiva dei pranzi. Non potevo usufruire della mensa per ragioni di orario. Questo mi consentì di accumulare sessantamila lire, la giusta cifra necessaria per frequentare un corso serale alla scuola privata “Dante Alighieri”. L’azienda mi consentì di non fare i turni di lavoro serali, anche all’azienda conveniva avere operai colti. Finalmente a scuola dalle 19 alle 23. I compagni di classe erano quasi tutti ragazzi ripetenti delle scuole pubbliche. Quando seppero del mio obiettivo di fare i primi 3 anni dei 5 relativi al diploma di geometra in un solo anno dissero che ero matto, anche i professori erano scettici. Dopo un paio di mesi cambiarono parere e cominciarono a guardarmi con interesse. I miei orari erano rigidi: 7:30-16:30 in fabbrica, 19-23 scuola, 23.30-1 compiti. Rimaneva poco per dormire, mangiare, trasferirmi. Sabato e domenica a casa a studiare almeno 15 ore. Nessuna deroga. Agli esami di terza geometri fui rimandato in francese e trigonometria. Durante le vacanze scolastiche il ritmo non è cambiato come tempo dedicato allo studio. Ovviamente fermo restando il mio lavoro in fabbrica. Ho preso ripetizioni di francese da una professoressa in pensione, una vecchina che mi preparò per poche lire, abitava in via Roma. Per trigonometria mi dette lezioni un vecchio ingegnere che abitava in Prato della Valle, nel palazzo Angeli, magnifico, dove oggi ha sede il Museo del precinema. Fui promosso. Nell’anno successivo feci la quarta e la quinta geometri, è stata dura. I professori mi aiutarono, penso di non averli ringraziati abbastanza. L’esame di stato svoltosi all’Istituto per geometri Belzoni fu un trionfo. Su 120 esaminandi, 100 interni e venti privatisti, ne furono promossi a giugno 20 di cui 19 interni e un privatista, io. Vado a concludere. Questi due anni di studi sono stati la chiave, il passaporto, per diventare da ragazzino di bottega nel 1946 a direttore dello stabilimento con 800 dipendenti nel 1978.