“Nonno, parlami di te”, pagina 32.
Siamo in attesa delle nuove misure anti Covid che stentano a maturare insieme agli organi preposti, pur essendo la scelta da farsi drammaticamente urgente. Governo e Regioni in primis, ognuno restio a prendersi la paternità di regole sicuramente dolorose per noi ma indispensabili. Ogni ritardo acuisce la triste sequenza di vittime, ogni ora escono anticipazioni, le più disparate, che non coagulano verso l’unità di intenti. Aspettiamo!
Ho trovato nel libro “Nonno, parlami di te” a pagina 32 un racconto che non risponde a una domanda specifica come di consueto, bensì a un ricordo profondamente nascosto nella memoria che un casuale riferimento ha evocato.
Fatti di campagna – Gnaonsei! Un amico tempo fa mi telefonò per chiedermi se conoscevo il significato della parola “gnaonsei”. Cado dalle nuvole. Mi chiarisce il contesto da cui è nata la domanda. Parlando con sua madre centenaria l’ha sentita pronunciare questa parola relativamente a un fruscio che si udiva intorno, forse un ventilatore, senza indicazioni chiare. Pensando a una parola contadina, l’amico consultò vari vocabolari dialettali senza risultato. Anch’io ho cercato in un grosso vecchio dizionario veneziano, senza esito.
Finalmente la memoria mi ha dato una traccia. Mi vedo ragazzino almeno 80 anni fa in un afoso giorno estivo in campagna dai nonni materni, subito dopo pranzo, andavo a zonzo seguito dal cane di casa con la lingua a penzoloni per smaltire il calore. Camminavo sul bordo di un fossatello le cui rive erano coperte di arbusti e qua e là dei mucchietti di terra smossa creata dalle talpe. A piedi nudi davo a essi dei calci per gioco. Ne vedi uno piccolino e semplicemente lo pestai e proseguii. Saranno passati un paio di secondi e vedo il cane fuggire di gran corsa guaendo inseguito a fil di terra da un nugolo di piccole vespe nere con piccole strie gialle. Nel muoversi facevano un fruscio. Ho capito di aver pestato un vespaio. Fortuna volle che dietro di me ci fosse il cane che fece da capro espiatorio per avere, io, pestato il vespaio terricolo. Tornato a casa raccontai la cosa al nonno che con poche parole, come era suo solito, mi disse che i gnaonsei, ecco la parola, sono il terrore degli animali da cortile ma anche dei buoi e dei cavalli. I loro attacchi di gruppo sono feroci, quando attaccano non danno tregua al malcapitato a cui non resta che la fuga. Persino il ronzio che accompagna lo sciame nei suoi spostamenti è aggressivo per il suo muoversi a zig-zag. Da allora ho evitato percorsi insoliti e poco battuti.
L’indizio che ha risvegliato la mia memoria fu il riferimento a un ronzio serpeggiante a filo d’erba, cosa insolita, senza vedere alcun che. Infatti, lo sciame si muoveva tra l’erba e gli arbusti senza librarsi nell’aria perciò era poco visibile. A pagina 79 di questo stesso libro “Nonno, parlami di te” ho descritto un fatto analogo avvenuto nel 1969 in montagna. Eravamo in ferie, stavamo tutti insieme raccogliendo funghi, le trombe di morto, prelibate, quando la Paola fu punta a un occhio le cui conseguenze le puoi leggere lì. Vedi in 2 settembre 2020
Volevo sottolineare le modalità d’attacco che furono simili. Tutto lo sciame ci ha investito e solo per fortuna ne siamo usciti con una sola puntura. Anche in questo caso il vespaio era a terra.