Covid. Quasi non ci credo, il piccolo spiraglio visto giorni fa sembra permanere, è un lumicino in fondo al tunnel. Lasciamolo a maturare.
Oggi vi passo un raccontino/memoria elaborato stanotte tra un impegno idraulico e l’altro, uno dei tanti problemi di noi vecchi.. È un ricordo insolito e molto lontano.
Pensavo a mio fratello Vittorio, era del 1934, 3 anni meno di me. Poteva essere il 1937-38, se ne stava seduto a cavalcioni su una scultura di marmo bianco eseguita sulla parte sporgente di una pietra di volta a chiusura di un arco di un portale, se ne vedono spesso in centro città vecchia, raffigurava la testa di un bimbetto riccioluto, un volto di angioletto in scala 2 a 1. Me la ricordo anche quando abitavamo in via Goldoni nel 1934 circa, l’aveva portata a casa nonno Gino, essa ci ha seguito a ogni cambio casa, ora è davanti alla porta di casa di mio fratello. Torniamo a Vittorio seduto a cavalcioni sulla pietra scolpita sul marciapiede di casa, in via Giambellino, a ridosso delle gabbie dei conigli. Teneva in mano un piccolo falcetto che io adoperavo per raccogliere l’erba per i conigli. Era intento con grande impegno a tagliare a pezzetti una nidiata di coniglietti di 4-5 giorni con gli occhi ancora chiusi, usava la testa dell’angioletto di marmo come tagliere, aveva le mani lorde di sangue. Forse aveva visto papà Gino scuoiare un coniglio e avrà voluto imitarlo. Più grandicello a colpi di martello ha mozzato il naso e alcuni riccioli di quella testina di marmo.
Di altro genere ancora un ricordo da ragazzino, in parrocchia adoperavamo la cantina della Canonica, sempre aperta per ripararsi dalla pioggia. In un angolo c’era un cumulo di buste postali con i relativi bolli, mi ha preso l’estro di farne collezione, un interesse che ho coltivato un po’ anche da adulto. C’è una raccolta in qualche angolo di casa. Successivamente quella cantina diventò la sede del reparto scout dove passavamo ore, giorni nell’attività di squadriglia, era formata da 6-7 elementi, per lavori di gruppo. Uno di questi lavori ci impegnò per tutta la stagione invernale. Sotto la guida di Luigino, aveva qualche anno più di me, che era un po’ artista, costruimmo un altare in miniatura completo di colonne, ripiano, tabernacolo e di suppellettili, calici anfore piattino tutto in legno dipinto e i paramenti di stoffa da noi tagliati e fatti cucire dalle mamme, così come le tovaglie ricamate. Il tutto proporzionato all’altare. La stagione invernale passò in un lampo.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, numero 185