diario dalla finestra di casa Nonno, parlami di te

12 novembre 2020

12 Novembre 2020

Covid. Oggi sono in giornata positiva. Sarà forse perché ho meno dolori alla schiena, tutto aiuta. Forse perché ci sono motivate speranze sul vaccino, anche, ovviamente un po’ lontane per chi ha i giorni non dico contati, certamente corti. Concretamente sembra si possa leggere tra i numeri un po’ sconnessi della pandemia un ragionevole indirizzo di rallentamento del contagio. Diamoci qualche giorno per illuderci. 

Dal libro “Nonno, parlami di te” propongo da pagina 33, un nuovo capitolo di domande: “Quali sono i tuoi ricordi d’infanzia? Dove sei nato? Il posto com’era? Descrivi la casa, le stanze, dove dormivi e dove mangiavi.”

Sono nato a Padova Il 10 maggio 1931. La prima abitazione era in via Goldoni dietro la Fiera Campionaria in via Tommaseo. Molto vicina ai binari del treno della ferrovia per Venezia, ci divideva solo la strada che era in terra battuta e ghiaino. La casa era a due piani con un largo corridoio centrale, da un lato l’entrata da via Goldoni, dall’altra una larga porta che portava all’orto, alla pompa artesiana per l’acqua, al gabinetto che era all’esterno della casa. Sul largo corridoio centrale davano quattro porte per quattro famiglie che davano accesso alle cucine, mentre alle stanze da letto al secondo piano si accedeva per due scale del corridoio stesso. Io dormivo nella camera con i miei genitori così come mio fratello Vittorio e Cicci-Luigina, mia sorella. Non c’era corrente elettrica perciò l’illuminazione era ottenuta con la lampada a petrolio illuminante che dava una luce fioca e tremolante, fumosa. Di giorno la vita si svolgeva in cucina e in cortile, d’inverno la cucina era riscaldata a legna con la stufa utilizzata per cucinare il cibo. D’estate facevamo il bagno dentro al mastello del bucato, era di legno, messo al sole per fare riscaldare l’acqua.

Dal 1936 siamo andati ad abitare sempre a Padova in via Giambellino 10 in una casa nuova che il mio papà ha potuto far costruire con i soldi avuti dall’assicurazione per il risarcimento per la perdita di un occhio per un incidente sul lavoro. In questa casa abbiamo vissuto fino al 1955. Aveva un’entrata, due stanze e gabinetto al piano terra, al secondo piano tre stanze. Attorno un bell’orto. Anche qui per l’acqua potabile avevamo una pompa artesiana. C’era la corrente elettrica. Sembrava una reggia rispetto a quella di via Goldoni. Purtroppo abbiamo dovuto lasciarla perché con la costruzione di una fabbrica in adiacenza ci hanno reso la vita invisibile. Non c’era un piano regolatore né regole chiare, pertanto i più deboli soccombevano.

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