Covid. Solo notizie schematiche perché rimangano nella memoria del “diario dalla finestra “. Francia e Germania hanno chiuso, salvo le scuole, per un mese. Spagna, Svizzera, Slovacchia le stanno seguendo. Danimarca dirotta i proprio ammalati in Germania. Italia/Veneto: a) vengono autorizzate 3500 assunzioni, medici e tracciatori. Forse sono in ritardo! B) lotta ad oltranza tra Zaia e Crisanti, tramite Bruno Vespa, sulla titolarità dei provvedimenti, davvero provvidenziali al tempo, di Vo’ Euganeo. Che tristezza il potere! Torno ai ricordi di mia mamma.
Traggo, sempre dal libro “Nonno raccontami di te”, la risposta alla domanda a pagina 21 “Qual era il piatto speciale che preparava la tua mamma?”.
Farò riferimento agli anni di cui ho memoria fino al 1951. Dopo la cesura del servizio militare e il 1958, anno in cui mi sono sposato, vivevo si in famiglia ma era come non ci fossi tanto era l’impegno per il lavoro e lo studio. Per questo dirò della fanciullezza e dell’adolescenza. In quel tempo non c’era il problema di cosa mangiare, ma mangiare quello che si trovava compatibilmente con la disponibilità economica. Perciò la bravura nel preparare il cibo stava nel rendere appetibili i cibi poveri: fagioli, piselli, cavoli, della carne le parti marginali: le frattaglie, la punta di petto, la testa del bovino e del suino, i pesci di fiume, le sardine. L’olio e il burro erano preziosi, si adoperavano i grassi animali che rendevano le pietanze saporite senza creare danni alla salute dato che le quantità erano comunque limitate. Ecco, in questo spazio di ingredienti poveri la mamma riusciva a soddisfare l’appetito e il gusto. È evidente che non frequentando cucine ricche non ne conoscevamo i gusti certamente prelibati. Le rarissime volte che andavamo a mangiare in qualche trattoria fuori porta, molto rare, il piatto principale era il pollo che allora si diceva fosse cosa da ricchi.
Sottolineo che io sono rimasto ancorato ai piatti poveri pur apprezzando i gusti, i sapori delle cucine raffinate. In particolare apprezzo la minestra di riso e fagioli che la mamma preparava a mezzogiorno per quando tornava papà, mentre io tornavo da scuola più tardi per cui la minestra si era raffreddata e rassodata e magari affiorava un grosso pezzo di morbida e grassa cotica di maiale che dava alla minestra un sapore meraviglioso. A pensarci bene erano i sapori che preparava mia nonna, sapori tramandati da generazioni. Altro piatto che si presentava frequentemente era quello ottenuto con i pesci di fiume, carpe, tinche e bisati (anguille). Le anguille in quei tempi, dal mare attraverso i fiumi fino ai fossati intrapoderali, attualmente sono molto costose, allora rientravano nei cibi poveri. Erano pesci grassi e si prestavano bene a essere cucinati in umido col pomodoro, in tal modo si accompagnavano con grandi quantità di polenta. Avevano l’inconveniente di avere tante spine che ti costringevano ad prestare attenzione.