Mi sono svegliato dalla siesta di botto pensando: cosa ne è stato del Covid come problema di tutti gli italiani e di tanti altri popoli?
Sui mezzi di comunicazione non c’è più come calamità comune ma personalizzato in filoni. Il primo filone è quello delle discoteche, che ha trovato amplificazione in Costa Smeralda, sul quale si sono immersi i telegiornali e rubriche varie. Se il Briatore era solo prostatico o anche virulento, coinvolgendo i politici e il mondo dell’informazione. Questo filone ancora non scemava ed è scoppiato il secondo, quello del clan Berlusconi. Tutti noi prontamente ci siamo precipitati a portare la nostra solidarietà; con intelligenza e acume solo Cassese, uomo del diritto, durante un dibattito televisivo, ha utilizzato una frase esplosiva “calmiamoci, non si tratta ancora di un coccodrillo” riferendosi alla, forse non tanto sincera, solidarietà manifestata anche da avversari e nemici. Senza contare il siparietto della figlia di Berlusconi contagiata, insieme con tutta la corte del capo, che sostiene di non sentirsi colpevole di “untinzione”. Io dico che se invece di andare in Costa Smeralda se ne fosse stata ad Arcore potrebbe dire la sua. Invece ha dato il cattivo esempio a chi guarda i “signori” quali modello. Terzo filone, la crociata del medico di Berlusconi, quello che per primo divulgò la notizia che il coronavirus è clinicamente morto. Non sono in grado di confutare, non ne ho competenza come non l’hanno i 60 milioni di italiani, meno un migliaio di addetti ai lavori nella quale cerchia dovrebbero restare queste dichiarazioni. Ciò detto, quello che io ho recepito allora fu: il virus non è più pericoloso pertanto mi sento autorizzato ad allentare le difese, cioè “liberi tutti”. L’orco non c’è più.
Concludo suggerendo di parlare di strategie per fermare la propagazione del morbo. In seconda istanza di come realizzare le riforme e i programmi per risollevare le sorti economiche del paese, primo fra tutti il debito pubblico retaggio di antiche incapacità che comunque vanno sanate. Il debito non è una fatalità, non è una pietra di Tantalo che ci torna continuamente addosso!
Propongo una riflessione. Qualche giorno fa mio nipote Dario, che lavora nel campo della meccatronica, mi ha mandato un video di 46 secondi del collaudo di un impianto automatico di stivaggio e distribuzione di pacchi in tutto il mondo. Sono rimasto sbalordito. Nota bene: professionalmente fui utilizzatore di impianti similari, pertanto mi è venuto istintivo domandarmi quante persone ha espulso dal lavoro questo impianto. Ecco qual è il problema dei problemi. Cosa faranno quei lavoratori espulsi? Cassa integrazione? Chi la pagherà?
In appendice al problema dei problemi ne consegue un secondo non da meno: non ci sono specialisti che progettino, costruiscano, conducano questi impianti, sono ricercatissimi. Lo sapevamo già da una decina di anni di questa carenza scolastica. Chi doveva pensarci? Per dire quanto sono preziosi questi specialisti vi dico di Dario: 25 anni, da 5 lavora nel settore, l’anno scorso ha lavorato costantemente in quattro continenti al collaudo di questi impianti! Curiosità: visto che era nelle vicinanze, in Giappone, ha fatto un giro nel quinto continente, l’Australia, da turista.
Ancora una curiosità: negli anni 70 del secolo scorso, nell’azienda in cui lavoravo, proprio per mancanza di specialisti abbiamo instaurato una scuola allievi interna di 20 unità, un anno di formazione specifica per il nostro settore. È durata qualche anno e poi fu dismessa perché molti se ne andavano altrove perché richiesti per la loro preparazione di base. Questo per dire che un progetto di questo tipo va delegato alla società tutta. Va organizzato dallo Stato perché sia utile a tutti.
Chiudo: di questo vorrei si dibattesse sulla stampa, in televisione, sulle rubriche. E non di Santanchè, Briatore, Berlusconi.