diario dalla finestra di casa Nonno, parlami di te

25 settembre 2020

25 Settembre 2020

Sulla stampa imperversa la gara di tutti per indicare l’uso dei fondi resi disponibili dell’Europa, ben 209 miliardi + 37 miliardi del fondo salva-stati, ritenuti dai 5 stelle intoccabili, perché contaminati da uno sconosciuto morbo. La cancrena dell’ideologia! Sono già fiorite proposte di spesa per 650 miliardi da vari ministeri da cui si deduce, speriamo di no, una spartizione a pioggia da cui conseguentemente poco rimarrà per il rilancio dell’economia. Non entro nel merito, non ho competenza. Sono però certo che l’idea suggerita da Galli della Loggia: la formazione di insegnanti-educatori che facciano di merito, competenza e disciplina responsabile, i cardini della formazione dei giovani. Per ridare alle future classi dirigenti la qualità necessarie al buon governo. L’attuale Parlamento e le istituzioni statali sono vittime dell’incompetenza e spesso del malaffare.

Dal libro “Nonno raccontami di te” ho trovato a pagina 125 una domanda: “quale messaggio vorresti dare i tuoi figli, ai tuoi nipoti, alle generazioni future?” e ho tentato una risposta.

“Lascia il mondo un po’, anche poco poco, migliore di come lo hai trovato” (Baden Powell). Soggiungo “Se ognuno facesse quel po’ il mondo sarebbe un paradiso”. E di seguito un curioso ricordo personale: buona educazione o abuso di potere? Anche questo è un messaggio!

1942. Mia mamma Emma mi accompagna in via Brondolo, in zona Duomo, per iscrivermi alla prima classe di avviamento al lavoro, scuola privilegiata della classe operaia. Si trattava di una conquista per un operaio avere la possibilità di far frequentare ad almeno un figlio una scuola superiore alle elementari. Infatti mia sorella Cicci e mio fratello Vittorio, finita la quinta elementare, sono subito andati a lavorare. Ho vivido il ricordo di quel giorno: entrati dal grande portone, in realtà non era poi molto grande come a me sembrava, trovammo già molte mamme con i relativi figli ad attendere in coda il turno per entrare nell’ufficio della scuola. La prima porta a destra del corridoio portava alle aule, altre erano a sinistra del portone altre ancora in un’altra ala del fabbricato, alle quali si accedeva dal cortile. Il cambio di aula al cambio di materie di studio tra un’ora e l’altra era una gita. Nell’ufficio per l’iscrizione entrava una mamma con il figlio, erano pochi i papà, una alla volta, la porta rimaneva aperta. Dietro alla scrivania c’era un uomo che all’entrata rispondeva con un brontolio al nostro, anzi della mamma, buongiorno. Io non fiatavo. Giunti alla scrivania, in piedi, l’uomo senza alzare gli occhi dal suo librone chiese cognome, nome, data di nascita, abitante a, scuola di provenienza, figlio di, e di. Mentre la mamma rispondeva e l’altro scriveva ho appoggiato le mani sulla scrivania. L’uomo si ferma, mi guarda con cipiglio e mi dice “Non è buona educazione appoggiarsi” e guarda mia madre che, diventata rossa in viso della vergogna, subito si scusa. Io quasi piangevo. Mentre uscivamo l’uomo gridò: “Avanti un altro”. Non ricordo se mia mamma abbia fatto commenti.

Ho archiviato il fatto nella memoria per ritrovarlo 30 anni dopo, attorno al ’68, gli anni della contestazione giovanile, quando cominciano i primi fatti di cronaca scolastica con gli alunni che prendevano a seggiolate i professori o più tardi i genitori che prendevano a calci il maestro perché aveva sgridato il figlio davanti ai compagni di classe mettendolo così in ridicolo. Non capivano invece, i genitori, che era un modo per far crescere ben dritto il giovane virgulto che stava crescendo un tantino storto e non maturando. Non dico fossero educative le cinghiate, ma che qualche “dietro la lavagna” non sarebbe stato proprio da scartare. Ma io sono vecchio!

Ricordo l’impegno che mettevo per imparare a memoria le poesie, erano la mia bestia nera, per non farmi rimproverare dal maestro. Le altre materie le facevo senza fatica perché mi piacevano. Certo che l’impiegato avrebbe potuto essere meno spocchioso, in particolare nell’umiliare mia madre. Però non era abuso di potere…

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