diario dalla finestra di casa Libro II Mi Sono Sbottonato!

2 agosto 2020 – India 2006

2 Agosto 2020

Oggi racconto di un viaggio davvero particolare, in India. Nel febbraio del 2006 da Mumbai a Hyderabad, Varanasi, Delhi. La zona è quella dell’altipiano del Deccam, che divide la pianura gangetica dal sud della penisola del subcontinente indiano, la parte di Pangea staccatasi dall’Africa che poi si è scontrata con la crosta asiatica formando l’Himalaya. Il viaggio è nato dalla necessità di due amici archeologi, i coniugi Marcato, di visitare a Varanasi i magazzini universitari per visionare dei reperti relativi a una loro ricerca. Quindi eravamo solo in tre, facilmente flessibili, con uno scopo non prettamente turistico ma di indagine nel cuore della società.

16 febbraio, il primo giorno a Mumbai. Acquisti: da un antiquario acquisto una serie di monete dal 1925 al 1947, due monete moghul, ho pure visionato monete del secondo secolo prima di Cristo, prenotato christo, prenotato monete del sesto secolo, alcune maschere. In un negozio musulmano di profumi ho acquistato essenze. Libreria antiquaria con magnifici tomi. Abbiamo girovagato in questa zona così particolare di antiquari, si cerca di capire! Pranziamo all’hotel Tajmahal con un conoscente indiano, operatore turistico. Si è parlato dell’India oggi, delle sue potenzialità, del suo sviluppo, edilizia, comunicazione. Il cambiamento è rapido e travolgente, non c’è tempo di fermarsi a valutare i benefici ed eventuali contraddizioni.
17 febbraio si va a sud-est, Raigarh, antica capitale dei Mahratti. Erano soldati, da subalterni trasformatisi in guerrieri conquistatori. Da qui alla fortezza dei Mahratti, al nido d’aquile sul culmine di una rocca a 600 metri di altitudine, una tremenda salita per il caldo, impervia, immersa nel folto degli alberi. Mura di cinta possenti, una porta imponente, accurata ingegneria militare. Ancora un’ora per arrivare al Palazzo del principe, delle regine, dei dignitari. Torri merlate a controllo del territorio sui 10 km delle mura.
Il grande mercato su un largo e lungo selciato con ai bordi una sequenza di locali per le merci. Solo tracce. Era una città nascondiglio, fra gole, vallette impervie, pinnacoli di roccia nera che mimetizzavano ogni costruzione. Nella fase di avvicinamento da Mumbay vediamo immense baraccopoli di profughi del Bangladesh lungo la ferrovia, quasi ad invaderla. Soggiorniamo a Mahabaleshwar a 1200 metri di altitudine, paese di villeggiatura degli inglesi con caratteristiche architettoniche svizzere, ora meta dei nuovi ricchi indiani. Cibo indiano per noi immangiabile tanto era piccante.
18 febbraio verso Kolhapur, buona l’autostrada ma invasa da pedoni e da mezzi più diversi tra loro, anche contromano. Città caotica. Visitata la fortezza Panthala del XII secolo. Il tempio Mahalakshmi su basamenti del XI secolo. Magnifico il palazzo del Maharaja. Il museo di famiglia buio, polveroso, sporco con molte cose preziose. Incomprensibile senso indiano delle cose? Nel vicino parco, con lago, animali acquatici, emu, cervi.
Nota: in una grande libreria abbiamo cercato un libro sui forti dei Mahratti, c’è solo in lingua Mahratti! Abbiamo cercato insieme a un giovane che ci accompagnava con una candela tra le montagne di carta polverosa!
19 febbraio verso Bijapur, capitale della dinastia Bahmani, strade disastrate e polverose. Territorio arido, isole di terre coltivate grazie all’irrigazione. Visitato Golgumbaz, è un mausoleo abbandonato all’incuria, vuoto, la cui cupola è seconda a San Pietro in Vaticano.
20 febbraio, visita alla città, è tutto un susseguirsi di mausolei, moschee, mura di cinta fortificate con porte e finestre finemente scolpite in legno e marmi, il tribunale a molti altri edifici, tutti in uno stato di abbandono, tra sporcizia e sfacelo. Si ha la sensazione di una atavica rassegnazione alla miseria.
Nota: dinanzi al Tribunale una miriade di scrivani seduti su uno sgabello e un minuscolo tavolino intenti, per poche rupie, a stendere petizioni, denunce, per i molti analfabeti.
21 febbraio, verso Gulbarga nel 1347 antica capitale del sultanato di Bahami. Aneddoto: nel 1939 alle elementari il maestro Mario ci ha parlato di due cose indiane, fuori testo scolastico, di una città antica abitata da grandi sultani ora in rovina e delle piccole vacche con la gobba sul collo. Nel diario di viaggio originale ho fatto una descrizione lunghissima tante erano le cose che mi hanno colpito: mura possenti, moschee e mausolei, tombe, tutto stupefacente se non fosse tutto in sfacelo, soffocato dalla sporcizia.
22 febbraio per Firozabad: per nulla descritta dalle guide, è una città musulmana in rovina. Una grande moschea con un imponente porticato lungo tutto il recinto con un camminamento sovrapposto. Palazzi e abitazioni tutto in rovina. Tra tanto sfacelo ci sono piccoli appezzamenti di terreno coltivato nel quale un bimbetto conduceva un piccolo aratro, uno spuntone di ferro, trainato da un bue, che faceva un solco di pochi centimetri che impattava continuamente su mattoni, pezzi di colonne, sculture a pezzi sotto un sole implacabile. Il villaggio sulla riva del fiume Birhna è di pietra a secco. La lettura architettonica è da manuale del periodo Bahamani fra il persiano e l’indiano mogoul. Il sito è così poco conosciuto anche dai locali, solo qualche vecchio ci ha aiutato. L’autista era nel panico, non sapeva leggere le carte stradali, ricorrendo continuamente all’informazione della gente del posto. Ne ho avuto conferma in altri viaggi, comunque con difficoltà, visto che l’India ha almeno 400 dialetti e non sempre nel profondo delle campagne conoscono l’inglese, lingua ufficiale. Nel pomeriggio la ricerca di un tempietto dell’XI secolo noto solo alla stampa specialistica, Harasur, risalente a prima dell’avvento musulmano, sconosciuto perfino agli amministratori di Gulbarga ai quali ci eravamo rivolti. Sapevamo solo di un paesino vicino e interrogando vecchi contadini. Anche questo deturpato da sovrastrutture recenti.
23 febbraio da Gulbarga – Bidar – Hyderabad. 7 ore di strade dissestate, traffico, lavori in corso. Un esempio organizzativo: il trasporto del bitume caldo e fumante in cesti di vimini in testa! Visita alla Cittadella di Bidar, guida locale imposta. Dentro a una triplice cortina di mura con andamento a labirinto. La Madrasa, la più grande scuola coranica dell’India. Tombe della dinastia Bahnami. Finalmente si entra in Hydherabad, 10 km di coda. Rapida visita in città, acquistato un bel libro illustrato. Visitiamo Golconda, la prima capitale.
24 febbraio, difficoltà ad uscire dalla città. Nella campagna vediamo le acrobazie per la raccolta delle noci di cocco, l’arrampicamento sulle altissime palme dondolanti al vento. Warangal, cittadella fortificata con massi di dimensioni micenee, in gran parte sottoposta scavi archeologici, una miriade di reperti scultorei. Lungo la strada visto un forte sopra un monolito alto 250 metri circondato da muraglioni fino alla base. Impressionante.
25 febbraio verso Golconda. Nota: Il taxi è in ritardo. Ne arriva uno con un autista diverso, non capiamo perché. Dopo un po’ una invasione di scarafaggi, normale avventure indiane! Lunga fermata per farci sostituire il taxi e liberarsi degli insetti. Golconda: le storie di Mille e una notte sono originate da questi luoghi. Perfetta organizzazione architettonica, viabilità, servizi, protezioni militari. Una caratteristica: dalla base della collina al palazzo al vertice, un centinaio di metri, si odono le voci grazie a uno specifico posizionamento delle costruzioni. Poco lontano una ventina di mausolei dei regnanti dell’ultima dinastia
26 febbraio, ci trasferiamo a Varanasi, la città sacra sul Gange, dove ogni indiano aspira di morire a che le sue ceneri possano essere sparse nelle sue acque sacre. Siamo arrivati giusto il giorno della nascita di Shiva. L’autista ci porta a piedi sui gradoni di pietra dell’argine, Ighat: incredibile, per arrivare ai ghat si percorono 500 m di viuzze come le calli di Venezia, invase nei due sensi da una folla immensa, ragazzi, drogati, le innumerevoli mucche, negozietti vaganti, ciclorisciò, motorisciò, cavalli con piccole carrozzine, cani scheletrici, musica sacra a volume folle, negozietti di cibarie e gli “altro”. Molti turisti ridicolmente vestiti all’indiana.

Sui gradoni che scendono all’acqua del Gange, una fogna ricettacolo di sterco, urina, sporcizia di ogni tipo e gente che sul gradone di bagnasciuga si immerge e fa le abluzioni di purificazione. A fianco ad una barchetta legata alla Riva c’era un cadavere che galleggiava a pancia in giù, tutto gonfio, senza che nessuno lo degnasse di uno sguardo. Su un gradone un ragazzo biondo, turista, si faceva massaggiare da un indiano! Santoni, i Sadhu, che raccontavano leggende ai fedeli. Altri che preparavano le cataste di legna per bruciare i cadaveri. E poi gente che vagava alla ricerca del Nirvana, del nulla, dell’oblio. Ci spostiamo per visitare l’osservatorio astronomico. Il custode ci accompagna per difenderci dagli attacchi delle scimmie che ti tolgono di mano ogni cosa. Proviamo a visitare il tempio d’oro, incastrato fra le abitazioni, l’entrata consente il passaggio di una persona per volta, è sorvegliata dai militari. È il tempio più importante. Lascio all’immaginazione il collo di bottiglia che c’era! Altro tempio non visitato era circondata da un laghetto dal quale stavano estraendo con le idrovore più di un metro di fanghiglia, gli operai erano immersi fino alla cintola.
Decidiamo di tornare all’albergo in tuk-tuk, saliamo, si parte a velocità folle in un vicolo, sbatte di qua e di là ora sulla pancia di una mucca, su un passante con scambi di improperi. Il guidatore e il suo aiutante sputano continuamente grumi di saliva rossa al Betel, e continuano a parlare tra loro gridando. Finalmente fra mille sussulti siamo in albergo. Ripristiniamo i sali con birra e cocacola.
27 febbraio, dobbiamo andare all’Università. L’autista si mette a disposizione per tutta la giornata nonostante noi non lo volessimo a tempo pieno. Alle 11:30 l’appuntamento con il capo del dipartimento di archeologia, una donna. Ci guida per il museo e i magazzini alla ricerca della cassa specifica. Polvere e sporcizia ovunque. Poi in una riunione gli accordi di collaborazione. Abbiamo pranzato insieme. Nota: compriamo francobolli, quelli da 5 rupie sono senza colla!
28 febbraio, visitiamo Sarmath dove il Buddha tenne la prima predica dopo l’illuminazione. Importante raccolta di sculture Gupta e Mauyria. Si parte per Delhi.
1 marzo: era in visita Bush, cortei immensi di musulmani contro l’America. Siamo alla ricerca di una casa editrice per acquistare alcuni libri, solita stradina sporca e diroccata. La libreria un’accozzaglia di cumuli di libri. Ci compriamo libri e carte geografiche della zona Gange/Pachala. Un topo passeggia fra le carte geografiche. Non trovando tutto ciò che serviva ci mandano all’ufficio geografico centrale, non sanno il numero telefonico. È una struttura statale corrispondente al nostro Istituto militare di cartografia, anche questo relegato al quinto piano di un palazzo vetusto di piccole stanzette piene di cumuli di rotoli di carte topo-geografiche. Qui comincia l’iter burocratico all’insegna di tre copie in carta carbone per bolla di consegna e fattura. Fino a qualche anno fa erano cinque copie. Incontriamo il direttore della società, privata, di archeologia indiana. Scambio di conoscenze.
2 marzo il ritorno in Italia.

Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, numero 127

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