Sono così costantemente preso dalla presenza del virus che ritengo di non considerare con la dovuta serietà la situazione economica causata della pandemia. Vado subito a precisare che la caduta delle condizioni economiche nazionali non sono causa del Covid, purtuttavia si sono aggravate a causa di questo. Intendo dire che una diversa politica economica, che sarebbe stata quanto mai opportuna anche prima, a causa del blocco delle attività produttive è diventata indispensabile. È mia convinzione che si stia cercando di trovare i mezzi, anche i più improbabili, per tornare ai livelli di benessere del 2019, con i prestiti europei che sono stati elargiti, anzi predisposti con generosità e larghezza di vedute.
Ma non sono ricchezza prodotta! Mi spiego: non si è trovato il modo di far crescere due patate dove oggi ne cresce una! Per far ciò bisogna inventare, cioè scuola, ricerca, competenza, che ci sia un compratore che abbia a sua volta inventato, cioè scuola, ricerca, competenza, per far crescere due cipolle dove oggi ne cresce una. Per far ciò dobbiamo inventare l’energia a costo zero cioè scuola, ricerca, competenza. Finché non avremmo realizzato tale meccanismo di sviluppo dobbiamo ridimensionare le nostre aspettative: accontentarsi di una Panda al posto del Suv con i pneumatici a banda larga. A cascata tutto ciò che ci può condurre al concetto di ridurre il superfluo. Così facendo troveremo il modo di creare una classe competente a produrre più patate e cipolle e nel contempo pagare un po’ di debiti.
Altro ambito da cui non possiamo e non dobbiamo uscire è la globalizzazione. Il nostro orticello non basta più. Riflessione: siamo fra i primi produttori al mondo di kiwi! Dal fruttivendolo ho trovato kiwi verdi dal Cile, kiwi dorati dalla Nuova Zelanda! Perché?
Vi racconto due aneddoti, veri, di uno dovremmo vergognarci, dall’altro trarre insegnamento.
Il primo: qualche anno fa in azienda abbiamo acquistato degli stracci per pulire i macchinari, abbiamo trovato un pacco di camicie nuove con ancora le etichette! Di questo dobbiamo vergognarci, così come di stracciare i jeans per moda. Questo è un altro tema.
Il secondo aneddoto: 1974, sono a New York per lavoro con un collega e il titolare dell’azienda. Alla fine del giro saremo tornati in Italia mentre il titolare sarebbe rimasto per affari.
L’abbiamo accompagnato al Waldorf Astoria, con vista sul Central Park. Siamo saliti nella sua camera e mentre ci dava le ultime disposizioni disfaceva la valigia, tirando fuori tre camicie, due delle quali avevano il colletto un po’ scucito, sfilacciato.
Su questo fatto per molti anni a seguire ho riflettuto…