Quasi a ribadire quanto scritto nel diario di ieri, il direttore dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, dice: “Nella maggior parte del mondo il virus non è sotto controllo”. Mi fa pensare allo tsunami che anni or sono partì dalle coste della Thailandia e in poche ore arrivò sulle coste dell’Africa orientale a migliaia di chilometri, colpendo strada facendo tutto ciò che incontrava. Per fortuna era l’Oceano Indiano che aveva in quella direttrice poche isole. Fu una furia inarrestabile. Così ha molte probabilità di essere questa pandemia.
Con quale spirito l’umanità dovrebbe affrontare tale calamità? Cito solo un fatto per dire come non dovremmo essere: al Pio Albergo Trivulzio per anziani, a Milano, durante la pandemia l’assenteismo del personale d’assistenza ha raggiunto il 65% (due operatori su tre non erano presenti). È corretto parlare di responsabilità individuale?
Oggi propongo le sensazioni che ho provato rileggendo il diario del viaggio in Siria fatto nel 2000, per fortuna ben prima della distruzione del suo patrimonio archeologico voluta dall’Isis. La Siria è parte della Mesopotamia: la Terra tra i due fiumi, Tigri e Eufrate, ritenuta la culla della primordiale civiltà dell’uomo. Qui i primi stazionamenti delle tribù nomadi e con essi la prima forma di agricoltura e allevamento. L’inizio della civiltà. Non vuole essere una guida nel tempo del viaggio, per questo c’è il diario, ma delle impressioni, visioni che fanno sognare, vedere con gli occhi della fantasia lo scorrere dei secoli.
Damasco, la città omayyade, l’impatto l’ho già ben descritto parlando di Marrakesh in Marocco. Punti focali: il museo archeologico è un concentrato del tempo di Dura Europos, Biblo, Mari, testi antichi, affreschi, mosaici, la ricostruzione di un castello omayyade. La grande moschea verde dei suoi mosaici, anch’essa costruita dalla dinastia degli omayyade. L’entrata al suk, maestosa per la presenza di colonne e archi romani, che continueremo ad incontrare lungo tutto il viaggio. La Porta San Paolo, ricordi di fede. Folklore, nel caldo infernale il venditore di acqua fresca, acrobata nel riempire i bicchieri, vestito tutto pennacchi colorati e cinghie di cuoio elaborate.
Cominciano gli spostamenti: deserto pietroso, “il Krak dei Cavalieri”, castello eretto dai crociati su precedenti insediamenti aramaici, romani, bizantini, musulmani. Sovrapposizioni storiche, a est di Latakia, il castello del sultano, interessante l’immenso scavo di un fossato sulla roccia allo scopo di isolarlo. Lasciato un obelisco di 28 metri d’altezza. Anche in questo sovrapposizioni storiche. All’indomani Ugarit, città fenicia dove si è trovata la biblioteca di formelle di terra cotta depositaria dell’alfabeto cuneiforme. Apamea, città greco-romana, un immenso colonnato di 2 km, solo parzialmente scavata. La zona ha una buona agricoltura. Sergilla: città morta, una delle 300 città abbandonate dai bizantini all’arrivo dei musulmani che hanno sconvolto la magra economia di sussistenza, tutta spettrali pietraie. Aleppo: visita alla Cittadella, posta su una collinetta, è un complesso fortificato dall’alto del quale si ha una vista su tutta la città. Notevole il complesso sul quale spicca la sala del trono, anche qui il museo è particolarmente ricco, in particolare per i reperti da Ebla. Il giorno dopo San Simeone: complesso basilicale con al centro la colonna sulla quale il santo visse il romitaggio. Qualose: città morta del sesto secolo. Notevole la basilica romanica importante come modello per il romanico europeo. Idlib: importante museo della città di Ebla. Ebla, Tell Mardikh, impressionante per l’ampiezza del sito circondato dalle mura coperte di sabbia, e per le enormi cisterne sotterranee per la raccolta delle acque. È il sito archeologico fra i più importanti. Ancora un giorno per arrivare a Palmira. Dopo tre ore siamo sull’Eufrate alla diga che ha formato il lago Assad. Visitiamo ancora un castello. Ancora un’ora e siamo a Rushafah/Sergeopolis, città in rovina in parte ancora sepolta. Basilica del III secolo con tracce di affreschi. Immense cisterne. All’indomani finalmente Palmira. L’ampiezza del sito, templi, palazzi, il teatro, il colonnato, le strade fanno immaginare una Roma traslata in pieno deserto. Una tale città presuppone una nazione florida e potente. L’Oasi: siamo in pieno deserto, là in fondo si vede spuntare dalla sabbia un mare di cime di palme. Il pullman ci accompagna nelle vicinanze. Costeggiamo una siepe alta qualche metro di canne palustri, finché si arriva a un’apertura, entriamo e scendiamo di un paio di metri, a me è parso: è un altro mondo. Palme distanziate tra loro giusto quanto basta per tenere il suolo tra l’ombra e i barbagli del sole. Il suolo è percorso da una rete fitta fitta di ruscelletti d’acqua limpida e tutto è suddiviso in piccole aiuole verdeggianti di verdura, erba per gli animali, grano, ogni centimetro di terra è coltivato. Qua e là un ragazzo è arrampicato sulla palma per il taglio di caspi di datteri che vengono calati con delicatezza per non danneggiare le coltivazioni sottostanti. Il piano campagna dell’oasi è più basso per meglio intercettare l’acqua e riparare le coltivazioni dal vento. Il cielo si vede a bocconi tra le foglie delle palme, così come il sole sembra scendere a terra per vie indirette, riflessioni. Usciti dalla recinzione dell’Oasi in lontananza sul deserto vediamo avanzare una nube rossastra, un fronte molto alto da terra verso il cielo, era un fronte di sabbia e vento misto ad acqua che galoppava verso di noi. L’autista da lontano ci faceva gesto di correre. Siamo arrivati al bus con il cadere delle prime gocce di fanghiglia. Il bus è partito di gran corsa nel tentativo, quasi riuscito, di allontanarsi dal fronte della bufera. Alla sera, l’ultima, lo spettacolo con i dervisci, i ballerini.
Questo viaggio è stato come una meravigliosa visita a un museo che di più non poteva mostrare. Poco però il contatto con l’ambiente, la gente, le tradizioni. Ho visto di eventi millenari stratificati come in un fenomeno geologico. Ma l’India è altro. Com’è altro il giro in val Nerina…
Dal Corano Al-Baqarah (2:177)
La carità non consiste nel volgere i volti verso l’Oriente o verso l’Occidente, ma nel credere in Allah e nell’Ultimo Giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore Suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per riscattare i prigionieri; di chi compie la preghiera e paga la decima, di chi mantiene le proprie promesse quando le ha fatte, di chi nei dolori e nelle avversità è paziente e nelle ristrettezze, e nella guerra. Ecco coloro che sono sinceri, ecco i timorati.