16 gennaio 1983
Nevica. Freddo nelle ossa e nell’animo.
La nebbia copre ogni cosa e il grigio è nel cuore.
La campagna è fango, il treno scorre stanco, incerto.
Ed ecco il sole.
Il lago è pieno di bianche vele e tanta luce.
Il creato sembra lavato, gli alberi e l’erba dipinti.
Il treno va allegro e i capelli di una donna
sparpagliati dal vento si riflettono sui vetri.
Gli alberi spogli hanno i rami gonfi
pronti a germogliare nuova vita.
I miei monti
Un nodo alla gola, il pianto sale agli occhi.
Cos’è?
Sembra tristezza, forse nostalgia, forse il tempo che passa,
forse ricordi, forse la passione che non vuol morire,
forse nient’altro che la precarietà dell’oggi.
Il mondo sembra crollare intorno a me, con me.
Tutto appare difficile, impossibile
tutto sembra sfuggire di mano.
Le lacrime coprono la vista, il buio sembra padrone.
Lo sguardo si perde e io non so che dire.
Vedo i miei MONTI: i ruscelli, le rocce faticose,
i boschi sparire nella nebbia della mia ansia,
delle mie difficoltà, della mia impotenza.
Dalla nebbia, dal mare di nubi scure spunta
la vetta, la neve al brillar del sole
ed è festa nel mondo e nel mio cuore.
I miei occhi sono coperti di lacrime, ma
non nascondono i miei MONTI.
Torna la voglia di vivere, di sperare e gioire,
nel voler sorridere, nello scoprire l’AMORE
che come cosa perduta riappare in me.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, nr. 135