Alla scoperta di un mondo che c’è e che tutti sognano. I Grigioni sono un angolo della Svizzera fra le montagne che si collega con l’Italia attraverso la Val Venosta. È questa una delle vie che dal cuore dell’Europa scendeva in Italia per proseguire poi verso la Terra Santa dopo aver percorso lo stivale. Questo percorso è punteggiato da un susseguirsi di chiese e monasteri distanti tra loro un giorno di cammino a riferimento dei “viatores” medioevali. Sono affrescate, le chiese, per raccontare per immagini, già dall’età carolingia, il vangelo e l’Antico Testamento a beneficio dei fedeli. Proprio queste chiese erano la nostra meta. Erano poste solitamente sul cocuzzolo di monti o alture a scopo di difesa, così come abbiamo visto fra i monti del Friuli o degli Appennini.
Nel preparare la logistica del nostro percorso di viaggio erano stati interpellati i piccoli comuni dove queste chiese erano collocate, tutte località piuttosto remote e alpestri. In una di queste, l’ufficio comunale ci disse che per vedere la chiesa avremmo dovuto rivolgerci alla stazioncina della ferrovia locale che scorreva a piè del colle sulla cui cima c’era la chiesa. Si trattava di una piccola ferrovia che collegava una valle interna. Ci sembrava proprio una situazione insolita.
E qui la scoperta: arrivati alla stazione ferroviaria, una casetta tutta fiori sui davanzali, sulla banchina del treno sul piccolo piazzale antistante, ci siamo rivolti alla biglietteria, anche questa uno stanzino lindo e ben disposto, e una signora molto gentile ci aspettava per darci un paio di chiavi enormi ed artistiche in ferro battuto, ci ha dato le informazioni per arrivare alla chiesa, le precauzioni comportamentali, chiese di dare un po’ d’acqua alle piante in chiesa così si risparmiava una salita. Stupefatti, siamo saliti trovando tutto come previsto con una sorpresa in più. Un ciclo pittorico di origine carolingia ottimamente conservato, segno evidente di una secolare cura della cosa comune da parte di quella gente. Conservazione rivolta non tanto al valore artistico e quindi anche venale del luogo, bensì per quanto rappresentava nell’intimo del loro essere anche in tempi nei quali quelle espressioni, dipinti e architetture, non avevano o ne avevano poco, valore venale.
Ecco il miracolo: qual è il collante che unisce quella gente al loro territorio? Saranno anche loro fagocitati dal consumismo? Come ormai sono le nostre comunità. Tornati alla stazioncina a riconsegnare le chiavi, reciproche cordialità e da parte nostra commozione per la fiducia espressa da questo incontro, visto che per loro era cosa ovvia. Grazie.
PS: alla fine di questo scritto, 2019, di fatti avvenuti 29 anni fa si può pensare che io abbia idealizzato. Forse sì, certamente l’emozione l’ho rivissuta scrivendo. Aggiungo, queste emozioni sono sempre presenti ogni qualvolta ho vissuto la montagna.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, nr. 138