Sulla pandemia siamo in uno stato di ansiosa attesa di come evolverà. Nel mondo l’apice non è ancora stato raggiunto e tutto intorno è un germogliare di piccoli e grandi focolai.
Oggi propongo un allegro, forse non tanto, pensiero di vita.
Previsioni del tempo, di vita
Ho saputo che una ricerca mirata sulla spesa sanitaria, ospedaliera, assistenziale, integrativa ha rivelato che negli ultimi due anni di vita l’anziano utilizza la spesa corrispondente a quella utilizzata in tutti gli anni precedenti di vita.
Ho tratto immediatamente la possibilità di sapere, sempre sul piano statistico, il tempo della mia dipartita. Infatti sono in grado di contabilizzare i costi dell’ultimo anno e forse anche di quello precedente. Il risultato potrei confrontarlo con la spesa accumulata nei precedenti 86 anni e trarne le conseguenzti previsioni.
Trattasi di un ragionamento che ha una sua logica. A questo punto però ha preso una piega decisamente comica. Mi vedo già preparare il vestito bello, cravatta, camicia, canottiera e mutande non servono, calzini e le scarpe ben lucide a ridosso della data di scadenza prevista dalla statistica. C’è un ma: se anticipa e mi prende in contropiede? Se invece posticipa, me ne sto lì tutti i giorni con i vestiti pronti ad aspettare l’evento? No, non mi pare sia opportuno entrare nel club di quelli che sono in aspettativa e che si sorreggono a vicenda per far passare il tempo d’attesa. Meglio è lasciare le cose così come stanno, dandomi la possibilità di ritenermi immortale come faceva mio fratello Vittorio che ha continuato a progettare idee, lavori, viaggi fino alla fine, tanto che nei suoi ultimi giorni in ospedale continuava a chiedere: “Ma se poe savere quando che i me manda casa tanto i sa che femo presto a vegnere dentro in do e do quattro se succede qualcosa?”.
Già una volta lo avevano riportato in vita dopo che se n’era andato.
Forse è un discorso un tantino dissacrante, che non sta bene fare, ma a me fa lo stesso ridere.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, nr. 143