È l’8 di agosto, come tutti giorni, siano essi di pioggia, vento, neve, di sole agostano o di altro evento meteorologico o astronomico, eclissi di sole, nonna Franca esce di casa alle nove del mattino circa per la sua uscita giornaliera in piazza. Per meglio inquadrare il “raccontino” descrivo l’uscita standard, sue modalità e tempistiche. A seconda della stagione usa gli abiti più opportuni ad eccezione per il capo e la gola che devono restare rigorosamente scoperti. Solo se la pioggia è battente usa l’ombrello, altrimenti se si tratta di pioggerellina si asciuga presto e d’inverno dentro il bar è caldo e quindi ci si asciuga! Quasi dimenticavo di dire che soffre d’asma da almeno 87 anni degli 89 vissuti.
Date le coordinate meteo passo a descrivere le tappe della passeggiata. Innanzitutto l’acquisto del giornale sotto il portico della Palanca, il giornalaio è suo amico il quale ogni tanto le presta dei soldi per il caffè se ne è sprovvista, date spese altre o dimenticanza. Ho ritenuto di presentarmi al giornalaio a garanzia che sarei passato ogni tanto a saldare il conto, anche se preferirei che non si prestasse a farle da cassiere.
La seconda tappa è il bar. La frequentazione è variabile, i più frequentati sono: il bar davanti la fontana di Piazza delle Erbe dal quale gode la vista del Salone vivacizzato dai colori e dalla folla del mercato di frutta e verdura. Oppure sempre in Piazza delle Erbe all’esterno ovest. L’altro bar molto frequentato è in Piazza Duomo, magari sui tavolini esterni sotto gli ombrelloni. Quelli meno frequentati, comunque con un buon radicamento, quello a sinistra della facciata della chiesa di San Clemente dove a volte va alla messa delle nove. Altro ancora in fianco al Palazzo della Gran Guardia. Poi ha il suo bar di giovane signorina, da Graziati, che frequenta in soprappiù in nome della nostalgia. In alcuni dei bar si è creata una cerchia di amici anziani e non con i quali commenta il Corriere della Sera o i fatti della vita, o con le vedove, che sono molte, di vita familiare. Spesso questi avvenimenti me li racconta e trova incomprensibile che io non trovi interesse a questi incontri al bar.
Le consumazioni? Quelle conosciute e certe sono un caffè, un cappuccino, un bacio Perugina, in alternativa un Tronki acquistato al Pam di Piazza delle Erbe e ogni volta mi descrive la dimensione del Tronki, un euro, mostrandomi il mignolo della sua mano! Alle 11 si incammina verso il Duomo nel quale spesso ascolta la messa. Alle 11:43 suona il campanello di casa e tutta giuliva mi dice “cosa hai preparato per pranzo di buono”? Se il campanello suona alle 11:47 vuol dire che si è fermata da Gianni, il bar d’angolo al Ponte Tardi, per il prosecchino, “costa troppo, pensa che vuole due euro” e patatine. Risultato, a ogni pranzo il ritornello: non ho fame e mangia tutto.
Ora entriamo nello specifico. L’8 agosto 2019 esce alla solita ora. Dopo un’oretta suona il campanello e sale in casa, con un’aria forzatamente allegra mi dice: “Eo seto che so cascà ma no me sò fatta gnente, varda?”. E mi mostra una escoriazione sul braccio destro, raccontandomi il fatto. La faccio parlare in prima persona:
“Ero in via Tadi, dietro il Duomo e sono inciampata su una tessera di porfido sconnesso della strada. Tra i soccorritori un bel ragazzo che si è proposto di portarmi casa. Ho preferito non telefonarti, per timore di preoccuparmi. Anche altri soccorritori mi hanno seguita un po’, poi il ragazzo è rimasto da solo, e intanto mi raccontava che era studente, che stava cercando casa. Così parlando arriviamo da Gianni, il bar d’angolo di cui sopra, dove l’ho liquidato ringraziandolo e mi seduta un tavolino, ordinando il solito caffè, cappuccino e cioccolatino e sono venuta a casa da sola.
Un inciso, di queste cadute ne contiamo diverse, epocali quelle di Roma e Chioggia: subito sono accorsi passanti i quali, nel tentativo di alzarla, dato il peso, possono aver provocato l’incrinatura di una costola emersa dopo alcuni giorni.
Io ero sbalordito! Dopo qualche ora si gonfia il polso, ha dolori significativi, quindi Pronto Soccorso per rottura del gomito destro. Il braccio viene gessato con un gesso aperto, che vuol dire costringersi a una costante attenzione a non muoversi. Quaranta giorni di gesso e poi tre mesi di terapia rieducativa. Naturalmente dopo qualche giorno di riposo in casa ricomincia ad uscire; per fortuna ha accettato l’uso del tutore, un carrellino a quattro ruote che le dà stabilità. Naturalmente io la seguivo ovunque in bicicletta, non posso camminare. Nelle sue pause bar io facevo la spesa. Finalmente guarisce ed esce da sola con il carrellino, sei giorni di tregua e comincia la tosse, la bronchite, antibiotici, cortisonici, aerosol e chiusa in casa. La festa dell’8 dicembre spostata a casa della Rita. Sotto Natale comincia a uscire, ricomincia la tosse: antibiotici ecc, come sopra. A metà gennaio tosse, antibiotici, ecc, come sopra. Al dieci di febbraio tosse, no antibiotici, per il resto come sopra.
Il 16.02.2020 ore 3.30 crisi respiratoria – cardiaca e il ricovero. Quanto scritto fin qui ha sapore di ironica goliardia, uno scherzarci su. Invece, il ricovero di Franca mi ha segnato. Molte altre volte, vuoi per malattia ma più spesso per i suoi viaggi o soggiorni, ero rimasto solo ma avevo la mia attività, i miei impegni perciò non mi accorgevo della sua assenza. A volte tiravo un sospiro di sollievo per non averla tra i piedi per qualche giorno e non essere oppresso dalle sue tiranniche e cervellotiche esigenze. Questa volta invece è diverso. Non so perché sembra non ci sia più niente da fare, non c’è bisogno di cucinare, di fare la spesa, mi sembra che Maria sia superflua. Io sto molto di più con i miei libri, sui miei scritti. Tutto questo può sembrare un fatto tecnico, ma la prima sera in ospedale con la Rita, nel vederla così parzialmente astratta e sola, mi ha preso una emozione e il pianto. Ho visto la tristezza della mia vita senza la Franca.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” libro secondo, nr. 179