Da giorni, a metà mattina e primo pomeriggio, mi prende un sonno tale al quale non riesco ad oppormi. Mi sdraio, dormo, mi rialzo dopo un po’ e continuo nelle mie attività, riposato. Oggi, poco dopo mangiato, è arrivata l’onda della sonnolenza. Ho provato a fare un sudoku ma i numeri si incrociavano negli occhi, ho dovuto cedere e sdraiarmi.
Ho sognato. Ero alla scrivania e stavo scrivendo. Sopraggiungeva come un vento, non era un vento fisico, era l’oblio che spegneva con dolcezza lentamente lo scorrere della penna che rallentava, le parole si formavano sempre più piano, sembrava che si compissero con il ritmo della poesia: “lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca”. Finché giunta l’ultima sillaba che finisce incompleta con un tratto che si trascina irregolare fino a perdersi fuori dalla pagina. Tutto era pervaso di serenità, benessere, non sentivo il mal di schiena, ero leggero, inconsistente, ero uno spirito, ero l’anima.
Mi sono svegliato e ho pensato: “Vorrei che il mio passaggio fosse così!”.
Mentre scrivo ho gli occhi umidi, sono emozionato a guardare in faccia la vita. Forse sono un po’ triste perché vorrei più tempo per scrivere, trasmettere i miei pensieri, i miei ricordi che continuano ad affiorare. Nello scrivere continuo a dirmi quanto la mia vita sarebbe stata migliore se avessi potuto leggere le mie riflessioni ed esperienze.
È evidente il paradosso: non avrei potuto trasmettere le riflessioni se non le avessi vissute.
Mi piace però pensarlo.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, nr. 178