È un momento storico, il periodo tra la proclamazione della Repubblica e le elezioni del 1948, che sancirono in modo drammatico, per l’incertezza del risultato, la permanenza dell’Italia nel mondo occidentale regolato dal sistema democratico, con i limiti che esso ha, in contrapposizione al blocco sovietico che con Stalin aveva mostrato il volto della dittatura e gli orrori che essa esprimeva.
Questa premessa per introdurre l’attività svolta dai giovani dell’Azione Cattolica e scout in occasione di queste elezioni. Avevo 17 anni, di certo non avevo maturato conoscenze politiche tali da avere opinioni sufficienti per fare scelte autonome. Eravamo un folto gruppo in parrocchia e condividevamo il poco tempo libero dal lavoro. Era un tempo vissuto intensamente in particolare negli scout. Come in ogni gruppo c’erano i leader per età e carisma, nei quali noi ragazzi avevamo fiducia, perciò le loro idee diventavano le nostre.
Avevamo fiducia nei sacerdoti e nei capi scout, eravamo una famiglia allargata. Non posso escludere lo zampino della gerarchia ecclesiastica data l’importanza della posta in gioco. Il comunismo in quel momento era non solo laico ma contrario alla religione, ritenuta l’oppio dei popoli.
I nostri leader erano entusiasti di battersi per la chiesa e la libertà, noi lo eravamo per imitazione. Per noi giovanissimi era il grande gioco descritto da Kipling, scrittore amato per il “Libro della giungla”. Il grande gioco consisteva nel distribuire volantini di partito e attaccare manifesti. Quest’ultima parte entusiasmava. L’occupazione degli spazi murali per i manifesti politici, più insoliti, più alti, perciò pericolosi da raggiungere con scale traballanti nel buio della notte, era coinvolgente. In questa competizione c’era rispetto tra i contendenti, lo spazio conquistato era rispettato. Una sera uno di noi si presentò con una scala altissima, molto stretta, era la scala che i contadini utilizzavano nella formazione dei pagliai o nella raccolta dei frutti da alberi alti. La scala sembrava quella di un trapezista al circo. Fu la conquista finale perché raggiungemmo il sottotetto: il nemico non poteva sovrastarci.
1948: manifesto del
Fronte Democratico Popolare1948: la DC
Le cronache confermarono che il plebiscito del 1948 fu opera di quei ragazzi di parrocchia che giocavano il grande gioco guidati da quell’onesto uomo che fu De Gasperi, che imbrigliò gli spregiudicati comunisti pronti ad accodarsi al carro sovietico e rimandò per qualche tempo i magna-magna che anche oggi imperversano.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!”, Libro I, pag. 90