Siamo su una spiaggia dell’Oceano Indiano, poco a sud di Madras, oggi Chennai, a Mamallapuran, dove sorgono i templi dedicati ai mitici principi Pallava, cinque fratelli e della loro comune consorte Draupadi.
Sono monumenti inconsueti in quanto in balia, spesso, delle onde dell’oceano. Uno di questi è sommerso dalle acque a causa del fenomeno di subsidenza. Sono importanti per la loro singolarità, comunque belli. Stavamo lasciando la spiaggia seguiti da un codazzo di questuanti, bambini, vecchi, storpi che ci lasciano solo quando siamo usciti dalla spiaggia. Preferivamo tornare tra la folla di turisti al tempio.
Ebbene, sul lato del sentiero c’era un vecchino cieco le cui pupille erano coperte da una membrana bianca. Portava l’abbigliamento tradizionale fatto di teli bianchi opportunamente sostenuti con nodi degli stessi, era pulito. Lo accompagnava per mano una bimbetta di una decina di anni, anche se è sempre difficile per me definire l’età degli indiani. Entrambi di pelle nera, lucido ebano, tratti somatici indo-europei, belli, esprimevano mitezza. La bimba allungava la mano con ritrosia mentre l’uomo rimaneva impassibile. Noi tutti abbiamo messo mano al portamonete.
L’uomo ringraziava con un mormorio mantra, mentre la ragazzina con un sorriso. E qui l’incanto: i suoi occhi! Pupille nere antracite o come schegge di selce, la forma dell’occhio, il sorriso, l’ovale del viso giottesco, i morbidi e pesanti lunghi capelli la rendevano incantevole. Conduceva il nonno accompagnandolo mano nella mano con gentile gentilezza: con amore filiale!
Nessuno ebbe l’idea di fotografare; forse, inconsciamente, non si voleva rubare nulla di quell’intimità.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” Libro secondo, nr. 171