Libro I Mi Sono Sbottonato!

Perigeo. India, 2004

24 Aprile 2020

Isola di Elephanta

Le Grotte di Elephanta contengono sculture di indubbia importanza storico-religiosa e sono alla mercé di tutti. Mi son chiesto quale valore ha la storia con le sue testimonianze per il popolo indiano o semplicemente per l’indiano? E questa è una domanda che mi faccio spesso di fronte a cose incantevoli abbandonate, lo ripeterò più volte in questo viaggio.

Lavatoi pubblici

È difficile descrivere quello che si vede dal parapetto del ponte della superstrada che scavalca il rione dei lavatoi. Centinaia di vasche d’acqua in sequenza dove uno sciame di uomini seminudi sbattono, strizzano i panni e li mettono ad asciugare. Quello che non vediamo, ma che dobbiamo intuire, è l’organizzazione porta a porta del prelievo e consegna dei panni da e per ristoranti, alberghi e utenze varie, con enormi pacchi sulla testa di ragazzi sempre di corsa. Mi è stato detto che uguale organizzazione esiste per la consegna dei pasti dai ristoranti agli uffici, abitazioni ecc. Ho avuto occasione di vedere questi “galoppini”.

Il gruppo tribale

Proprio sopra lo stesso ponte abbiamo visto una famiglia piuttosto numerosa sul largo marciapiede, di almeno 3 metri. Il patriarca, lunghi baffi e barba, capelli corvini, che fumava seduto su una poltrona a spalliera alta ben foderata. Alcune donne erano intente a seguire un gruppo di bimbetti più o meno nudi, chi allattava o chi li rincorreva. Una ragazzina stava lavando dei panni in ciotole d’acqua. Panni distesi ad asciugare. Non c’erano maschi. Una donna è venuta a mostrarci dei monili di ferro intrecciati che successivamente abbiamo trovato sulle bancarelle del mercato. Questi gruppi nomadi sono depositari di un artigianato, ognuno di cose più diverse, che si trasmettono da infinite generazioni. Ci sono riproduzioni di templi antichissimi scolpite nel marmo.

I templi di Pavagadh Jain

Il pellegrinaggio: già da molti chilometri ai lati della strada transitavano a piedi gruppi di due o più individui, massimo una ventina. Giovani maschi, famiglie in vestiti tradizionali ma in alcuni casi il capofamiglia in doppiopetto gessato, cravatta e cappello. La moglie in sari. Le famiglie spesso spingevano un carretto con valigia e vettovaglie tirato da un servitore. Al ritorno dal tempio i pellegrini portavano una fascia colorata sul capo. Ci fu riferito che il pellegrinaggio poteva durare una settimana (noi facevamo la battuta che i gruppi rappresentassero le parrocchie: Madonna Pellegrina, Sacra Famiglia, Bassanello).

folla in pellegrinaggio

Il fanatismo: i pellegrini provenienti da diverse direzioni arrivavano alla base della collina sommandosi. Il sentiero che in partenza è largo un paio di metri, tutto a gradini ripidi, poi si restringe fino a un metro sui ponticelli che scavalcano piccoli solchi nella roccia. Non esistono vie alternative, troppo ripido e franoso, giunti alle strettoie i giovani forti e baldi spingono e si infilano tra le persone, quindi il caos. Abbiamo rinunciato a proseguire. Molti i bambini di pochi mesi.

Vadodara, la città delle vacche

Ovunque. Quelle che colpiscono di più sono quelle che riposano rumi- nando. Sulla strada chiudono di fatto una corsia per cui si instaura un’alternanza sulla corsia libera. Com’è gestita non lo so.

La città è caratteristica per l’architettura dei palazzi in legno intarsiato, sono bellissimi ma in sfacelo. Casualmente siamo arrivati in uno spazio aperto dove stavano giocando a cricket. Un giovane ci disse che in quel luogo si era formato uno dei più grandi giocatori indiani di quello sport. Guardandomi intorno mi sono accorto che quello spazio libero era il cortile di un’immensa reggia parzialmente crollata le cui macerie si erano accumulate tutto intorno.

Colonne, architravi istoriate di figure, fiori, foglie, velari traforati in marmo. Credo che qualsiasi antiquario occidentale farebbe carte false per averli. Ripeto quanto ho detto per le grotte di Elephanta. Qual è il motivo di questo disinteresse? Non sono importanti per la cultura indiana?

Lothal, sito archeologico

Sperso nel nulla tra dune di marea. Una capanna di legno fa da biglietteria, centro di informazione, punto vendita di ricordi e libri. Tra i cumuli di risulta degli scavi si trovano ceramiche, manufatti di una civiltà dal 3000 al 1900 prima di Cristo, a disposizione di chiunque! Paludi di marea: l’onda di marea entra nella terraferma fino a 40 km. È impressionante vedere fiumi d’acqua vagare avanti e indietro. In riva all’oceano in questo territorio vengono arenate navi da tutto il mondo per essere smantellate e recuperare i materiali con tecniche puramente manuali, gli uomini sono immersi nel fango.

Il topo: siamo a cena in una reggia di maharaja, profusione di marmi, sculture, trofei di caccia. Valletti col turbante che servono vivande su piatti dorati, luci sfavillanti. Dalla cucina esce un valletto e insieme un grosso topo che attraversa lento la sala da pranzo ed esce dalla porta che dà sul patio. Strilli dei commensali e valletti con la scopa. Una comica.

Burocrazia

Entriamo in ufficio postale. Dobbiamo comprare una cinquantina di francobolli. Lo spazio clienti allo sportello è pieno di biciclette, pertanto si può formare solo una fila da uno, cosicché tutti devono uscire per consentire l’uscita di chi ha terminato e ogni volta l’operazione si ripete. Arriviamo allo sportello con un foglietto in mano con scritto 50 stamp.

L’impiegata mi guarda e mi mostra le cinque dita della mano. Io rimostro il foglietto. Va a chiamare il capo ufficio che, molto lentamente, mi chiede cosa voglio. Rimostro il biglietto. Si rivolge alla addetta la quale tira fuori un grosso registro e scrive la richiesta di 50 francobolli in 4 o 6 copie, carta carbone. Si alza e va dal capo-ufficio, quello di prima, il quale si alza, lentamente, fa caldo, va alla cassaforte e preleva i bolli, firma le bolle di consegna. La ragazza torna allo sportello, su un altro registro compila la bolla/fattura di consegna in quattro copie e finalmente ci dà i francobolli!

Gujarat

Diu: era colonia portoghese, un porto franco, l’architettura è quella di una cittadina portoghese. Nei pochi anni dalla loro partenza tutto si è trasformato, pur essendo abitato da indiani in uno stato di degrado tipico di tutti i villaggi soffocati dalla sporcizia.

Somnath: sulla spiaggia, nell’area del tempio, i santoni stavano officiando per famiglie che lo richiedevano auspici, benedizioni, offerte di cibi e fiori, salmodiando in una confusione incredibile.

Junagadh: i pozzi sono molto profondi. Attorno alle pareti del pozzo dall’entrata al fondo sono ricavate stanze nelle quali viveva il maharaja con la sua famiglia nei periodi più caldi.

Gondal: La Reggia dei Maharaja. Il mondo di Salgari. Era il punto d’arrivo di una linea ferroviaria privata con un suo treno privato. Nella sua collezione d’auto il maharaja ne ha una che porta la targa numero 1 dello stato del Gujarat. Entrando nel cortile la torre dell’orologio della Reggia parzialmente crollato con le lancette ferme all’ora del sisma.

a pranzo dal maharaja

Sotto il portico d’entrata il maharaja ci attende seduto in poltrona a piedi scalzi vestito di bianco un tantino sporco. Seduti sugli scalini cinque indiani scalzi, un tantino sporchi. Scoprii più tardi che erano i cuochi e i camerieri!

Ahmedabad, tutto a norma

Un carro trainato da un cammello contromano in un’autostrada nuova e recintata. In un punto la recinzione è tagliata da entrambi i lati e un car- tello a norma di legge internazionale indica “passaggio di animali”. In prossimità di un paese la recinzione è tagliata come sopra per le strisce pedonali bianche che attraversano le due corsie, sempre a norma. Davanti all’albergo a ridosso del muro di recinzione un uomo sdraiato, a me sembrava moribondo, che alla sera al nostro rientro era nella stessa posizione, aveva vicino una bottiglia d’acqua. Al mattino seguente era nella stessa posizione con la stessa bottiglia d’acqua e un piattino di plastica vuoto!

Voglio ricordare il tempio indiano che mi ha più colpito, Madhera, per la sua struttura architettonica e le sue sculture. Il popolo di questo mondo indiano sembra una diversa evoluzione dell’homo sapiens.

Non mi sento di dare un giudizio.

Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” libro primo, pagina 154

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *