La Specola
(da Ponte di San Giovanni delle Navi sul canale Piovego)
Durante il mio soggiorno in campagna, 1943-45, fra tutte le avventure di quel periodo, dell’esperienza contadina che molta traccia ha lasciato nella mia formazione di persona, primeggiava l’osservazione della vita degli animali. Nello specifico anatre, oche, galline, che mi sembra di rivedere raccontando la storia di una famiglia di anatre tra la primavera del 2017 e quella del 2018.
Aprile 2017
A valle di Ponte Milano, sulla sponda sinistra, tra l’acqua e le fondazioni dei palazzi che fanno da argine al Piovego, c’è una colonia di anatre, alcune di notevole stazza. C’è un maschio, vero patriarca, bianco striato di nero, con la sua coorte di cinque o sei anatre bianche e bianconere.
Ad aprile vedo un’anatra bianca con quattro anatroccoli piccolissimi che la seguono in fila indiana in acqua a ridosso della riva, quasi nascosti dall’erba. Li ho osservati per una settimana, i piccoli crescevano a vista d’occhio. Si spostavano su e giù tra il Ponte Milano verso il Ponte San Leonardo. Poi sono spariti. Qualche giorno dopo li vedo a monte del Ponte Tadi, sempre in fila indiana dietro mamma anatra, che insegnava loro a becchettare nel fango a filo d’acqua. Si spostavano dal Ponte Tadi fino a casa mia, cinquanta metri, da una riva all’altra. Intanto crescevano. Prendevano quella forma sgraziata, spennacchiata della pubertà, così come i polli e gli umani.
Questo periodo durò un paio di settimane, poi la madre sparì. Erano spaesati, stavano sempre appiccicati gli uni agli altri, e sempre a ridosso della riva, quasi avessero paura di affrontare il fiume aperto. Si tenevano alla larga anche dalla tana della nutria lì vicina. Passavano gran parte del tempo protetti dal tetto fatto dai rami di un cespuglio protesi sull’acqua. Ad un certo punto, forse non li avevo visti per qualche giorno, hanno perso la peluria gialla e messo una livrea candida. Hanno preso fiducia in se stessi e affrontato il fiume attraversandolo, rasentando anche la tana della nutria, vociando a piena gola, sempre però nell’ambito dell’area stabilita dalla madre prima di lasciarli nel tratto da Ponte Tadi a casa mia.
Attualmente hanno familiarizzato, sempre in gruppo compatto, con alcune anatre selvatiche che stazionano dalla Specola a Ponte San Giovanni. Il gruppetto però non si perde in chiacchiere più di tanto con le altre anatre o con i gabbiani o con la nutria. Infatti a guardarli sono costantemente occupati a raccontarsela tra loro quattro. Sto aspettando i primi segni di cambiamento, quando metteranno su famiglia. Che ne sarà del gruppo?
Dicembre 2017
Hanno ora 9 mesi. Sono tutte bianche candide, tengono di buon conto le loro piume, continuano a becchettarsi per distribuire il grasso per isolarsi dal freddo. Lo schizzo serve a descrivere lo svolgersi del comportamento delle quattro sorelle. Il loro legame affettivo.
Una mattina vedo una delle quattro con la testa piantata in acqua e con le zampe all’aria, stava cercando vermetti. Una seconda, vicino al Ponte Tadi, gironzolava avanti e indietro così per perdere tempo. Le altre due non le vedo, le cerco senza esito, torno in tempo per vedere la prima uscire con la testa dall’acqua e accorgersi di essere sola. Sembra ansiosa. Si guarda intorno e vede vicino al ponte la seconda, sbatte le ali e la raggiunge con un corto volo. La seconda la vede arrivare e sembra dirle: ti sei decisa finalmente! E partono in coda una all’altra sotto il ponte. Le seguo oltre il Ponte Tadi e vedo, una cinquantina di metri a valle, le altre due che becchettano lungo la riva destra a filo dell’acqua. Con un corto volo le raggiungono e formano un cerchio. Discutono, forse si stanno dicendo che non si deve più verificare di disunirsi, qualcuna cerca di giustificarsi, un’altra taglia corto e dice che non abbia più a ripetersi e partono in coda, sembrano una flottiglia di navi da guerra in perlustrazione. Cicaleggiano. Da quando le seguo è la prima volta che le ho viste separate.
La cosa che più mi ha colpito è stata l’anatra rimasta vicino alla prima in- tenta con la testa sotto l’acqua, ad aspettarla mantenendo il contatto visivo con le altre due che si erano un bel po’ allontanate.
Le tengo sotto osservazione. Il loro comportamento continua a essere di una familiarità maniacale, sono sempre appiccicate le une alle altre, cominciavo a chiedermi quando si sarebbero separate per seguire la legge della vita, cercarsi un marito e metter su famiglia.
Due settimane fa la sorpresa, stavano attraversando il fiume in fila indiana, quasi a contatto. La terza anatra, rivelatasi un anatro, balza sulla schiena della seconda e in un batter d’occhio la feconda. Le altre non si sono scomposte, la nuotata continuò. Sorpreso mi avvicinai il più possibile, mi accorsi che l’anatro aveva l’attributo tipico dei maschi della specie: una penna a ricciolo sotto l’attacco della coda. Non mi ero accorto perché la candida livrea non faceva risaltare la piccola penna a ricciolo. Da quel momento i due attori della fecondazione facevano coppia pur sempre all’interno della quadriglia.
Intensificai le osservazioni. A un certo punto il gruppo diventò di tre unità, poi di due, poi per corti periodi ancora di quattro.
Aprile 2018
Era cominciata la cova. Dovevo trovare il nido. Con il miglioramento del clima l’erba cresceva rapida pertanto la ricerca era difficile. Finalmente ho avuto l’occasione. In un raro momento con il gruppo al completo che risaliva la corrente sulla riva destra orografica, una delle quattro nuotò rapida ad attraversare il fiume, anzi si alzò in volo per poi piombare sull’erba, sempre a filo d’acqua, per poi infilarsi tra alcuni sterpi sparendo e riapparendo un metro più avanti, solo con la testa, immobile. Avevo trovato il nido.
Le altre tre, pur restando nelle vicinanze non si avvicinavano. Seguo la vicenda col binocolo. Al mattino la covatrice si allontana con le altre per pasturare per un po’, poi ritorna a riscaldare le uova. Sono andato in municipio per assicurarmi che durante la falciatura dell’erba rispettassero il nido. Hanno ritardato lo sfalcio in attesa della schiusa delle uova.
Oltre il Ponte Tadi c’è anche una nidiata di sette pulcinotti di anatre selvatiche, già ben cresciuti. Questi sono più ruspanti, sono nati che era ancora freddo, meglio preparati alle avversità. Una seconda nidiata, della specie selvatica, è di un solo pulcino molto piccolo ma estremamente vispo.
Descrivo un fatterello. La madre col piccolo becchettavano nel fango alla ricerca di vermetti. Si avvicinano due germani, maschi, a volo radente. Di comune accordo con la madre il piccolo si nasconde fra l’erba e la madre vola via inseguita dai germani, fa un lungo giro e torna dal piccolo, appena si appoggia all’acqua riappaiono i maschi, così vola via sempre da questi inseguita. Fa un altro lungo giro riuscendo così a liberarsi degli intrusi. Ritorna dal piccolo, lontano una decina di metri, fa un piccolo verso di richiamo, il piccolo riemerge dall’erba, si tuffa in acqua e con una rapidità incredibile nuota fino alla madre e insieme ricominciano a becchettare.
Mi sono chiesto perché una nidiata di un solo pulcino? Nei dintorni del Ponte Tadi ci sono, sull’argine, alcune grosse tartarughe carnivore. Penso abbiano fatto incetta delle uova.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!”, libro primo, pag. 67