Stavo archiviando delle fotografie. Ogni volta mi perdo a ricordare i luoghi, le sensazioni, gli stati d’animo. Osservandone una ho posato l’occhio su un piccolo particolare. La foto mostrava uno scorcio di Pechino che comprendeva sullo sfondo una distesa di grattacieli immersi nello smog, al centro i tetti della città proibita e in primo piano il bordo di una strada soffocata dal traffico di auto, bus e in apposite corsie un fiume ininterrotto di biciclette. Il bordo strada era un largo prato all’inglese con lampioni e alberi, spesso utilizzato dai cittadini per fare ginnastica. L’aria era tutt’altro che respirabile.
Tra la strada in primo piano e l’alto muro di cinta della Città proibita si intravedevano appena alcuni tetti di un piccolo residuo di casupole della città vecchia intercalate ad alberi. Il particolare scoperto consisteva in un piccolissimo aquilone che emergeva di poco dai tetti delle casupole e comunque stretto tra gli alberi.
Riguardando la foto con una lente intuivo che fuoriusciva dal tipico cortile dei vecchi quartieri di Pechino e di tutte le vecchie città cinesi. Il cortile è uno spazio di una cinquantina di metri quadrati che serve da androne a tre, quattro appartamenti, chiuso da un alto muro che lo divide dalla viuzza di transito.
Mi sono immaginato il bimbo, magari con l’aiuto del nonno che lo aveva costruito, che tentava di far prendere il volo all’aquilone, vuoi per la mancanza di rincorsa, ridotta a pochi metri, e di vento data la barriera costituita dalle case attorno. Forse il nonno avrà escogitato un qualche modo per dare l’abbrivio a una corrente ascendente a supportare in alto l’aquilone dove il vento finalmente libero da ostacoli lo avrebbe sostenuto. Forse il nonno avrà messo l’aquilone sulla punta di una lunga pertica che superasse l’altezza delle case esponendolo, l’aquilone, al vento. Fantasie?
Certo immagino il bimbo con lo spago in mano che corre in tondo nel cortiletto di sette metri di lato a simulare gli spazi di una spiaggia dove decine di bambini facevano salire i loro sogni di carta a grande altezza. Il nostro bimbo era estasiato di aver superato il tetto della casa convinto di aver battuto un record. Avrà raccontato la sua avventura ai suoi amichetti sfoggiando le astuzie e i tecnicismi messi in campo per raggiungere un simile risultato.
Si può ben dire che la felicità è un’entità davvero relativa: il bimbo dell’aquilone; Cristoforo Colombo al grido terrrrraaaaaa; io quando andavo in montagna con i miei figli.
Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!” libro secondo, nr. 108