Libro I Mi Sono Sbottonato! Ricette

Acqua salata

5 Aprile 2020

Il sale è un componente fondamentale dell’alimentazione. Di quei tempi non ce n’era. L’Italia era divisa in due dall’avanzare delle truppe alleate bloccate sulla linea di Cassino. Mio zio Nino trovò la soluzione. Non era ancora l’alba quando venne a svegliarmi; il mio letto, costituito dal paion, era un saccone di stoffa grezza contenente scartossi che sono le foglie essiccate che avvolgono le pannocchie del granoturco. Mi scrollò una spalla dicendomi: “Vestiti molto e portati giù anche la coperta che fa molto freddo”. Come sempre non feci domande. Perché? Dove andiamo? Quando? Me l’avrebbe detto successivamente, come al solito.

Quando scesi sotto l’androne che portava alla stalla trovai lo zio che aveva già attaccato la cavalla al carretto che era predisposto con una panca per fare un lungo percorso. Ad aumentare la curiosità, dietro la panca c’era una botte, la vecchia botte che giorni prima lo zio aveva riempito di acqua per controllare che non avesse delle perdite. Sotto la panca, inoltre, c’era il cesto della colazione che la nonna portava nei campi quando andavamo ad arare senza aver mangiato perché troppo presto.

Acceso il grosso fanale ad acetilene lo attaccava sulla sponda del carretto. Quando il carretto veniva utilizzato con la panca a me sembrava il disegno del calesse che sul libro di scuola affiancava la poesia “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna”.

Quando uscimmo in strada fummo immersi in un mare di nebbia, sembrava bambagia. Il faro peggiorava la visibilità. Una nebbia così fitta l’ho ritrovata negli anni ’80 sulla A4 Padova-Milano che percorrevo con una certa frequenza.

La nebbia, anche per l’umidità, faceva sentire ancora di più il freddo per cui mi avvolsi nella coperta. Lo sguardo era continuamente puntato sulle ombre cinesi che creava la lampada con il suo continuo dondolare. Non so davvero la strada percorsa, l’ho ricostruita solo al ritorno. Dopo qualche tempo lo zio mi disse che stavamo andando in laguna a prendere acqua salata per cucinare il cibo, dicendomi anche di non raccontare in giro la notizia, senza spiegarmi il motivo del segreto, che non ho capito. Nel frattempo cominciava a schiarire e la nebbia a diradarsi, quindi si proseguì più speditamente.

Svuotare la laguna con i secchi

Arrivammo finalmente al limite della laguna, alla prima stradina che entrava fra le acque si infilò fino a una casupola di pescatori. Non c’era nessuno nei dintorni. Smontammo, lo zio mi dette un secchio di lamiera che adoperava per mungere le vacche, mi mostrò dove immergerlo per prelevare l’acqua. Lui aveva predisposto un grosso imbuto sulla botte e così cominciò il via vai fino al riempimento della botte e di una damigiana che nel buio non avevo visto. A ogni giro col secchio mi toglievo qualcosa di dosso perché sudavo. Finché noi facevamo il lavoro di carico, la cavalla mangiò un bel po’ di fieno che ci eravamo portati appresso. Quando finimmo e tutto fu pronto per partire, lo zio decise che era tempo di mangiare. Mai colazione fu tanto apprezzata. Me ne stavo sopra il carretto a mangiare mentre lo zio con il pane e salame andava a zonzo come faceva di solito quando si mangiava sui campi durante il lavoro.

Finalmente ripartimmo, la nebbia non c’era più ma la giornata era ug- giosa e grigia, il dondolio del carretto invitante al sonno, per un paio di volte rischiai di cadere dalla panca finché lo zio mi disse di sdraiarmi sotto la stessa. Uno sgrollone di mia nonna su una spalla mi svegliò: eravamo a casa ed era di nuovo buio.

Il cibo cotto con l’acqua salata aveva un sapore diverso. Ricordo che siamo andati altre volte a rifornirci di acqua salata, anche con altre persone e con un carro più grande. Non si ripeté però la magia del primo viaggio.

Toni Schiavon, “Mi sono sbottonato!”, libro primo, pag. 56

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