diario dalla finestra di casa

28 aprile 2020

29 Aprile 2020

​Si conferma il buon andamento dell’indice di contagio, 0,9%, mai così basso. I decessi sono stati 333 ieri, il giorno prima 260. Questo non cambia la tendenza positiva. Quindi siamo fiduciosi.

Quello che ci tiene con il fiato sospeso è l’aumentato calpestìo della gente che si muove. Un indizio: una casuale telefonata ad una conoscente infermiera in un centro di raccolta di esami ematologici conferma che c’è stata una aspettata affluenza di pazienti dopo l’annuncio di Conte dell’avvio della fase 2. Era altresì prevedibile che le persone percepissero di essere “liberi tutti”. Quali saranno le conseguenze di questo movimentismo dovuto in parte alla ripresa dell’attività lavorativa e in parte all’indotta sensazione di essere “liberi tutti”? Lo vedremo presto, forse prima del 4 maggio il giorno ufficiale della ripresa lavorativa.

Oggi ho un corposo argomento da trattare. Mi è stato chiesto “tu il 25 Aprile del 1945 c’eri”: il mio interlocutore, che non era ancora nato, vorrebbe capire come ho vissuto quei giorni, avevo 14 anni. Sono rimasto un momento perplesso, cercando di focalizzare quel tempo, per andare poi a quei giorni con la mente.

Da un paio di giorni sentivo in lontananza colpi di cannone, mi dissero che sparavano sui ponti del Brenta. Sapevamo da Radio Londra, io l’ascoltavo di nascosto mentre gli adulti pensavano che dormissi, che gli alleati erano a pochi chilometri da Padova. Infatti qualche giorno dopo una lunga fila di camion Dodge si sono parcheggiati in centro al paese di Noventa Padovana dove io ero sfollato, lungo le mura di cinta delle ville. Perciò soldati “foresti” in giro ovunque. Eravamo stati liberati.

Per capire i cambiamenti del dopo 25 Aprile è necessario conoscere qualcosa del prima, non tanto dei grandi avvenimenti che sono sicuramente ben descritti dalla storiografia ufficiale, bensì quei fatterelli del vivere corrente che ho descritto nel libro “Mi sono sbottonato” (pagine 35-36, 46-49, 49-51, 76-80, 81-86, 90-91, 99-100 del I libro e numero 121 del II libro). Questi episodi sono visti dal mio angolo di visuale molto ristretto del ritrovarmi in campagna, lontano dalla città. Sono tornato in città con i genitori nel giugno del 1945 e non ho trovato grandi cambiamenti. Qualche ritorsione dei Rossi contro i fascisti. Ricordo di due ragazze rapate a zero perché viste insieme a due ex fascisti di basso rango. La notizia di qualche famiglia di gerarchi emigrata in Sudamerica. Ricordo l’euforia per l’elezione del comunista Schiavon, non era mio parente, a sindaco.

Nel 1946, terminata la scuola di avviamento al lavoro, reinseritomi nel gruppo di ragazzi della parrocchia e negli scout, sono entrato anche nell’agone politico dei Bianchi democristiani contro i Rossi comunisti. Agone che trovò il suo epilogo nelle elezioni del 1948, dove il Partito Comunista venne battuto facendo svanire il sogno di portare l’Italia sotto la tutela di Stalin. Fu questo il fatto più importante di tutta la storia d’Italia e forse d’Europa.

Nel frattempo non si fermarono le stragi delle vendette politiche nel triangolo dell’Emilia Romagna. Leggi “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa. Oppure il genocidio degli italiani nelle foibe per mano dei titini jugoslavi, che si trascinarono nell’oblio fino al 1954 con il ritorno di Trieste all’Italia. Questa tragedia è rimasta coperta dalla demagogia del politicamente corretto perché gli infoibati sono sempre stati considerati fascisti, mentre erano e sono italiani, perché si trovavano nella madrepatria veneziana, la Serenissima, da almeno 500 anni. Sul Triangolo R osso emiliano nessuno riteneva utile indagare per non essere tacciato da fascista, fino a che Giampaolo Pansa non scrisse il suo libro che scatenò un putiferio che subito si chetò, erano rimasti ben pochi ad essere interessati a rovistare in quel fango.

Considerazioni sull’enfasi con cui da 75 anni si descrive la Resistenza. Certo fu elemento fondamentale per lavare la coscienza sporca di ignavia degli italiani che, coscienti o meno, erano nella grande maggioranza fascisti e sostennero un regime che ci portò a una guerra il cui esito era scontato in partenza. Eravamo l’armata Brancaleon.

Giorni fa sul Corriere della Sera si evidenziava che la Liberazione è stata opera degli alleati, americani, inglesi, polacchi (vedi Cassino), indiani, canadesi e altri, con il contributo della Resistenza italiana, che ha avuto il grande merito di riscattare l’onore col sacrificio della vita di tanti partigiani di colore non solo rosso (eccidio di Porzûs).

Certo è che i combattenti alla macchia che morirono per la Patria non avrebbero dovuto accettare tra le loro file pseudo partigiani del dopo 25 Aprile, quando in molti salirono sul carro del vincitore.

https://nonnotoni.com/2020/05/il-vicolo-degli-strami/

https://nonnotoni.com/2020/04/latte-e-pan-biscotto/

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  1. “Considerazioni sull’enfasi con cui da 75 anni si descrive la Resistenza. Certo fu elemento fondamentale per lavare la coscienza sporca di ignavia degli italiani che, coscienti o meno, erano nella grande maggioranza fascisti e sostennero un regime che ci portò a una guerra il cui esito era scontato in partenza. Eravamo l’armata Brancaleon.”

    La lucidità e l’onestà di Toni ti colpiscono perchè con poche e precise parole che si tramutano in immagini nitide ti fa vedere una realtà che troppo spesso fingiamo di non conoscere.

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