Partita dalla lontana Cina, dove ha attecchito con particolare violenza su un’area di 55 milioni di abitanti, lasciando, un segno profondo l’epidemia si è diffusa ovunque. L’italia è la nazione che ha raccolto il testimonio più pesante, tanto da costringerci a chiudere il territorio con pesanti regole comportamentali, trasformandolo in un lazzaretto: isolamento in casa con poche regole. In questo stato di cose non mi resta che guardare il mondo dalla finestra.
Da giorni l’isolamento si impone. Sulle strade laterali del centro storico c’è solitudine, ancor più evidenziata dalla mancanza di rumori, quelli di sottofondo prodotti dal traffico sulle vie principali. Qualche frettoloso e solitario passante con la mascherina, la bicicletta di un fattorino che porta notizie o cose a chi non può o non vuole uscire. Le auto molto rade, le più sono del servizio di polizia e anche questo contribuisce al senso di irrealtà.
L’unica cosa che mi riconduce ai giorni scorsi, alla settimana scorsa, alla continuità con un lontanissimo ieri, sono le due anatre bianche sotto il Ponte Tadi. Una ha terminato la covata fuori stagione indotta dalle miti temperature, conclusasi con l’abbandono delle uova non maturate, che mi ricorda la covata dell’anno scorso con la speranza di vedere quella del mese prossimo (Le anatre, libro I, pag.67).
Quanto vedo dalle finestre che danno sul fiume con il suo lento scorrere mi ricorda che l’attuale azzeramento del tempo dovuto al coprifuoco sanitario è solo apparente. Lo specchio d’acqua che non riflette l’attività dell’uomo è lì pronto a riflettere la nostra vita appena questa davvero insolita situazione finirà.
Mi affaccio ora dal finestrone che dal mio studio dà su via Concariola, una stradina interna solitamente molto affollata, almeno in certe ore, per la presenza, proprio di fronte, dell’entrata della scuola media Petrarca. L’ampio portone aperto sembra attendere a minuti l’orda di alunni in entrata, molti di corsa in ritardo. Oppure vocianti in uscita, verso casa, ammucchiati gli uni sugli altri. In orari diversi escono le classi per le visite culturali, oppure nel pomeriggio quelle dei corsi culturali per adulti o le classi multietniche per l’apprendimento dell’italiano. Quindi un continuo via vai. La sensazione che la vita si risveglierà è data da un cartello appeso al cancello interno che indica la scuola come sede di una società sportiva sorta in seno alla scuola stessa. Domani o doman l’altro arriveranno i ragazzi con i borsoni a tracolla con gli indumenti sportivi.
Non può essere che così. Forse qualcuno, anzi più di qualcuno, non vedrà il riaccendersi della vita, ma l’uomo domani ci sarà!